"Ho quasi sempre elogiato il mio mestiere per le tante soddisfazioni che dà. Ma chi non è in questi panni non può capire cosa voglia dire dover rimanere impassibili e freddi quando ti trovi un ragazzo di 16 anni sulla barella della sala emergenza alle 4 di mattina in arresto cardiaco per colpa di una pasticca che non avrebbe dovuto prendere". Comincia così la lettera di Sarah, la giovane operatrice del 118 che ha soccorso Lamberto Lucaccioni, il 16enne morto per overdose di ecstasy acquistata nelle discoteca Cocoricò di Riccione.
"E sei li che lo massaggi impassibile, ma nella mente pensi “avanti forza reagisci”, ma nonostante l’ora e mezza di massaggio cardiaco l’onda di quel cuore che già da un po’ non batte, rimane piatta. E dopo aver fatto il possibile ci si arrende all’evidenza che l’alba che stai guardando tu, sfinito, lui non potrà vederla. E pensi ai suoi genitori che ancora non sanno di non poter mai più parlare con lui, litigare con lui, ridere con lui, festeggiare con lui".
"Non siamo avvocati, non siamo banchieri, ne cassieri, ne muratori… per NOI il lavoro non finisce al marcatempo, ce lo portiamo a casa con tutti i risvolti che comporta. E mentre sei in macchina stanco per il turno di notte, distrutto per le scene a cui hai assistito, scoppi a piangere e scarichi finalmente tutta la rabbia che hai contro le ingiustizie che a volte riserva la vita.
"
Sono arrabbiata, sono stanca e sono triste perché il vostro caro Dio poteva donarlo a noi il potere di fare miracoli".
"Salvare una vita umana è più importante del moltiplicare i pani e i pesci" .
A questo sfogo accorato, pieno di rabbia e di dolore, risponde don Antonio Mazzi.
Leggo, con il cuore infranto, la e-mail che manda Sarah,
la ragazza volontaria che sulla barella della sala emergenza, alle quattro del mattino, non è riuscita a rianimare Lamberto . Ho il cuore spezzato e la rabbia forse ancora più dura di quella di Sarah, ricordando i tempi (parlo degli anni Ottanta nel Parco Lambro) nei quali casi più o meno simili me li sono visti accadere sotto il naso.
Avere sotto le mani un cuore che non parte e soffiare disperatamente dentro (allora ho rischiato la sieropositività) una bocca che non dà segnali, maledici il mondo e la tua impossibilità e, dalla rabbia iniziale, passi all’urlo disperato cercando qualcuno che ti dia il cambio, che ti venga in soccorso. Perché, a un certo punto, senza accorgerti,
ti senti anche tu causa di queste morti assurde. Ha ragione Sarah, rischiando di infrangere le pagine evangeliche, quando dice chi se ne frega dei pani e dei pesci dell’episodio miracoloso. Quei cinquemila potevano vivere anche con la pancia vuota.
Ma qui… Lamberto moriva. Cristo, fa' fare i miracoli anche a noi, no?
Cara Sarah,
non sai quanti giovani, per quattro stupidate e per un divertimento cretino, ci cascano, sapendo del pericolo, ma ci cascano, anche fuori da ogni Cocoricò e da ogni locale. I nostri figli hanno l’anima che sta male, e con l’anima non si scherza. Questa società alle giovani anime inquiete ed ingenue ha dato risposte omicide. E tutti i giovani facilmente ricattabili e alla ricerca di allegria e felicità (non esistono in queste serate giovani buoni e meno buoni) sprofondano dentro al baratro lontanissimi dall’idea della tragedia.
Il parroco del Duomo di Città di Castello, dice: «L’ho visto crescere Lamberto, come tanti ragazzini, l’ho battezzato in Cattedrale. Abbiamo condiviso momenti di riflessione e spensieratezza».
Le trappole nascoste in questo mondo delle droghe sono sempre nuove, sempre più pericolose e sempre più affascinanti. Già da piccoli, ai nostri bambini inculchiamo passioni forti, sportive, sane, positivamente avventurose. Curiamo le amicizie.
Diciamo di no subito, spiegando bene la diversità tra divertimento e divertimento. Non dimentichiamoci, però, della Sarah numerose, generose, pronte a tutto, perché loro vorrebbero addirittura il miracolo. E io aggiungo: con ragione!