Lo scorso anno oltre due milioni
di ragazzi coinvolti, 600 mila
solo in Lombardia, «anche se è
impossibile sapere esattamente
quanti passino fra campi
scuola, oratori, gruppi estivi», precisa
don Michele Falabretti, responsabile
del Servizio nazionale per la pastorale
giovanile della Cei. «Al di là dei numeri,
comunque, questa è un’estate
molto impegnativa, piena di cose, anche
per l’appuntamento di Cracovia a
fine luglio con la Giornata mondiale
della gioventù».
Ma prima e dopo, l’estate di bambini
e adolescenti è accompagnata
da tante proposte che, come ogni
anno, «rispondono a due bisogni: innanzitutto
una risposta alle difficoltà
delle famiglie. L’Italia è rimasto uno
dei pochissimi Paesi in cui le scuole
chiudono d’estate per un periodo prolungato
e questo crea il problema di
cosa far fare ai ragazzi mentre i genitori
lavorano. Dall’altra parte, il valore
è riconoscere che il tempo libero dagli
impegni istituzionali può diventare
un tempo preziosissimo per costruire
relazioni significative. Questa è una
intuizione che le parrocchie italiane
portano avanti da sempre».
E i primi ad accorgersi di questa
attenzione alle relazioni sono proprio
i ragazzi. Che spesso, al semplice
momento di svago fine a sé stesso,
preferiscono passare del tempo con gli
amici e gli educatori della parrocchia.
«ll venire in oratorio può anche essere
un parcheggio» sottolinea don Falabretti,
«ma, lo dico per tutte le attività,
non mi interessa mai perché ci portano
i ragazzi. So che lo stare con loro è
un’opportunità da sfruttare al meglio.
Per me Chiesa, per me comunità, per
me educatore, per me prete stare con i
ragazzi significa far fare loro un’esperienza
di vita di comunità, costruire
delle amicizie e, soprattutto, educarli
a un tipo di rapporto improntato alla
fraternità, all’incontro, e non all’opportunismo
come a volte capita».
L’estate con i ragazzi allora non diventa
«una bella predica per dire loro
di fare i bravi, ma un momento in cui
possono sperimentare che la vita
fraterna è una vita più bella, dove
si può essere sé stessi, dove ci si può
esprimere e dove, addirittura, si può
dire qualcosa di Dio. Questo è impagabile
». Non si tratta di un di più nelle
attività, di cercare formule originali, di
aggiungere nuove cose da fare.
Don Falabretti sottolinea che il valore
aggiunto «è la qualità dei legami
e delle amicizie. Il “di più” è l’autenticità
dei rapporti. Che sia il gruppo di
canottaggio che fa 15 giorni lungo i
fiumi o il “Grest” (gruppo estivo, ndr)
fatto in inglese per imparare la lingua,
l’importante è l’obiettivo. Ci sono tanti
strumenti aggregativi in cui però conta
molto l’attività e lo stare insieme diventa
relativo. Per noi invece, in parrocchia,
lo stare insieme è lo strumento per
far crescere i ragazzi. Lo stare insieme,
alla fine, è ciò che caratterizza la fede».
Non ci sono direttive nazionali che
organizzano l’estate dei ragazzi, ogni
diocesi, parrocchia, gruppo si organizza.
I Salesiani, l’Anspi, le associazioni
lavorano moltissimo. Mettendosi
in rete, come accade per tutte e dieci
le diocesi della Lombardia. Condividendo
esperienze come in Veneto o in
Puglia. Ma sapendo che «quello che il
Vangelo porta nell’estate dei bambini
e dei ragazzi non è una bella lezione in
più». E se, come spesso accade, i ragazzi
che hanno provato i Grest, i campi
scuola, gli oratori estivi vogliono tornarci
ancora «è perché», conclude don
Michele Falabretti, «sentono la verità
dei rapporti, la forza delle relazioni.
Sentono che giocare un’esperienza
sull’essere persone che cercano una
umanità è molto più coinvolgente che
cercare un’esperienza in cui il divertimento
è l’obiettivo finale».