Don Oleh Ladnyuk a Dnipro.
da Dnipro, Ucraina
«Il conflitto nel corso di quest'anno è molto cambiato. È diventato una guerra di droni. Adesso, quando sei al fronte, il pericolo più grande viene dai droni, che riempiono il cielo. Contrastare questi mezzi è il nostro grande problema». Seduto in un caffè del centro di Dnipro, in una serata relativamente quieta, il salesiano don Oleh Ladnyuk esprime tutta la sua preoccupazione per l'andamento del conflitto, a due anni dall'invasione russa. Solo la notte precedente, racconta, la città dell'Est è stata bersaglio di attacchi intensi che hanno costretto l'amministrazione a evacuare un ospedale e chiudere le scuole. Professore di storia alla scuola media e superiore, fin dal 2014, nella guerra del Donbas, sacerdote impegnato al fronte per portare sostegno spirituale ai soldati, don Oleh sottolinea: «Di mese in mese è sempre peggio e ho paura di cosa potrà succedere prossimamente. Non avrei mai immaginato l'affermazione di combattimenti di questo tipo. Mai prima d'ora si era vista una guerra combattuta in modo così intenso da droni».
La piega che prenderà il conflitto, secondo il salesiano, dipende molto dal sostegno del mondo. Il Senato statunitense ha approvato un pacchetto di aiuti per 95 miliardi di dollari per Ucraina, Israele e Taiwan, dei quali 60 miliardi all'Ucraina. «Ma in Europa la gente è stanca della guerra. Saranno decisive per noi le elezioni negli Usa e, prima, quelle europee: se vinceranno i populisti per noi la situazione sarà molto complicata». Osserva: «Noi potremmo anche perdere sul fronte. Ma bisogna considerare che anche la Russia sta perdendo tanto in termini di vite, di mezzi. Io credo che quando il Paese si troverà ad affrontare gravi problemi economici, allora ci sarà un movimento interno contro il regime».
Dopo due anni sotto le bombe la gente, dice don Oleh, si è abituata a vivere in guerra. «C'è stanchezza, certo, ma ormai qui si tratta di sopravvivenza, vivere o morire. Nei territori occupati dalle forze russe, la popolazione giovane maschile quasi non esiste più: tutti i ragazzi sono stati reclutati e costretti a combattere, senza preparazione. Da storico, posso affermare che la Russia è l'ultimo impero rimasto. E come ogni impero deve combattere e conquistare sempre nuovi territori per rimanere tale. Per Putin il popolo ucraino non deve esistere. Per questo, anche se siamo stanchi, non abbiamo scelta: dobbiamo continuare a combattere, perché se dobbiamo comunque morire, meglio morire per difendere la nostra terra. Per Puitn e la Russia questa guerra non è contro l'Ucraina, è contro l'Occidente. Mosca non si fermerà dopo l'Ucraina. Ma l'Europa non vuole capirlo».
Ancora oggi, come ha fatto costantemente negli ultimi due anni, da Dnipro il salesiano continua a raggiungere le zone del fronte, per portare aiuti e beni di prima necessità alle persone, soprattutto anziane, che sono rimaste in quei territori, alle comunità cattoliche più a Est che stanno soffrendo. «Una volta al mese vado a portare aiuto a un paese, Verkhniokamianske, nella regione di Donetsk, dove ci sono nostri parrocchiani: è a ridosso della linea del fronte, su tre lati è circondato da territori occupati dai russi, e nessuno vuole arrivarci perché è troppo pericoloso. Era un bel villaggio di quasi mille abitanti, adesso è tutto distrutto. Un mese fa gli abitanti rimasti erano 17, adesso sono 14. Tutti anziani, persone che vogliono morire nella loro casa, nella loro terra. Alcuni di loro sono stati feriti e portati all'ospedale di Dnipro, ma poi sono voluti tornare a Verkhniokamianske, a casa. Io porto loro cibo, vestiti, medicine. Loro mi chiedono anche l'acqua santa, la benedizione. Forse vedono in me la presenza di Dio che non li ha abbandonati». Non solo le comunità cattoliche: «Raggiungo anche altri villaggi sul fronte dove non ci sono cattolici, ma persone anziane che non hanno più niente, cibo, acqua, elettricità, e hanno bisogno di aiuto». Don Ladnyuk continua a portare avanti anche progetti umanitari con due Ong, il Vis-Volontariato internazionale per lo sviluppo e il Cuamm-Medici con l'Africa.
«In primavera sarò a Roma per un corso dell'Università pontificia salesiana su come fornire supporto psicologico in tempo di guerra. Questo è e sarà un problema enorme nel nostro Paese. Alcuni miei studenti della scuola media hanno i capelli bianchi per la paura, lo stress, il trauma subìto. Mi sono reso conto che tanti soldati con i quali parlo ora balbettano. In Ucraina non abbiamo abbastanza psicologici formati per affrontare i traumi della guerra. Noi sacerdoti non siamo psicologici, ma anche noi dobbiamo prepararci ad affrontare questo problema nel prossimo futuro».
(Foto Reuters in alto: un villaggio raso al suolo vicino a Pokrovsk, regione di Donetsk)