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venerdì 16 maggio 2025
 
Da vedovo a sacerdote
 

Don Pacetta di Campobasso: «Io, nonno ordinato a 73 anni»

12/07/2019  È entrato in seminario dopo la morte della sua amata Giuliana. L’11 maggio è stato ordinato da monsignor Bregantini: «Una storia meravigliosa»

La storia della vocazione di don Nicola Pacetta, vedovo, padre, nonno e infine sacerdote a 73 anni ha incuriosito tutti. Una cosa è certa: sin dal primo momento ha conquistato il cuore della gente (oltre che le redazioni dei mass media). Incoraggiato dalla famiglia, dai figli e dai sei nipoti, don Nicola è diventato sacerdote dopo un percorso vocazionale maturato dopo la morte della moglie Giuliana Ruffo, il 19 ottobre 2011, che gli ha cambiato la vita.

Nicola nasce a Guardavalle, in provincia di Catanzaro, il 3 luglio 1946; ex contabile delle Ferrovie dello Stato in pensione, è stato ordinato sacerdote l’11 maggio 2019, a Campobasso, presso la parrocchia di Sant’Antonio di Padova per imposizione delle mani del vescovo monsignor GianCarlo Bregantini. Una vocazione matura legata alla «fedeltà di Dio che regge e cura un cammino», afferma Pacetta, «che mi ha fatto sperimentare il suo amore negli anni». Don Nicola ha celebrato la sua prima Messa il 12 maggio in provincia di Campobasso, a Campolieto (la mattina) e a Matrice (il pomeriggio), due paesi, una sola comunità: lì ha assunto il ruolo di viceparroco accanto al parroco don Giacomo Piermarini, con il quale condivide l’abitazione.

Il 19 maggio, don Nicola ha celebrato Messa a Villa San Giovanni (Reggio Calabria) dove ha vissuto con la moglie e con i figli. L’assegnazione della parrocchia è ancora in via di definizione.

La vocazione di Nicola Pacetta risale alla giovinezza, quando entra in un seminario francescano fino al noviziato, grazie alla fede della madre che lo accompagna sin da bambino attraverso la lettura della rivista di informazione e cultura religiosa Il Messaggero di Sant’Antonio. Dopo il noviziato, don Nicola sceglie però la strada del matrimonio. Con la morte della moglie in seguito a un male incurabile e dopo anni di Cammino dei Neocatecumenali, Nicola entra in seminario e sceglie definitivamente di vivere alla sequela di Cristo, all’età di 73 anni, anche grazie alla fiducia e alla guida del pastore di Campobasso. La missione per la Chiesa di Dio arriva dopo aver sperimentato quella della Chiesa domestica che è la famiglia. «La mia casa», spiega, «è stato un santuario dove la fede è vissuta da tutti i componenti, alla luce del Vangelo. Ai miei figli consegnerò la mia fede».

«Chissà sua moglie cosa direbbe nel vederla con gli abiti liturgici, mentre celebra Messa», gli hanno domandato i giornalisti. «Sono sicuro che si starà facendo grandi risate dal cielo», ha risposto. «È sempre stata molto ironica nel senso positivo del termine, ma anche rispettosa di ogni mia scelta. Era sempre al mio fianco». «E gli altri? Amici, parenti, ex colleghi: l’hanno presa in giro o hanno criticato la sua scelta?», hanno incalzato i cronisti? «No, anzi. È vero che all’inizio avevo un po’ il timore a dirlo e ho pensato che sarei stato giudicato male. Invece ho ricevuto da tutti un’accoglienza molto seria. In tanti mi hanno detto: non ci meravigliamo, per te è la scelta giusta».

Dal canto suo, l’arcivescovo Bregantini, formulandogli l’augurio più bello, ha sigillato questo evento come trionfo di un cammino verso Cristo. «Questa è un’ordinazione presbiterale molto insolita con una storia meravigliosa di vita alle spalle», ha detto, «è il gesto più bello e più vero che può compiere un prete! Poter invitare, poter accogliere perché la nostra gente possa nutrirsi dell’Eucaristia, con abbondanza, senza paura, senza remore, superando quel concetto meritocratico dell’Eucarestia che spesso l’appanna e la rende selettiva». Perché, ha aggiunto, «la Chiesa non è una dogana ma la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa. Per lui, come per tutti i preti, tre sono le parole-chiave, i segni eloquenti: le mani, la voce e il Padre».

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