Sopra, in alto e in copertina: alcuni momenti di un incontro di preghhiera ecumenico con cattolici, protestanti e ortodossi a Oberammergau, in Germania, il 15 maggio 2010. Foto Reuters.
Nell’incontro ecumenico tenutosi nella chiesa romana anglicana di All Saints, papa Francesco ha ricordato una boutade attribuita al patriarca Atenagora in un colloquio con Paolo VI: «C’è il famoso scherzo del Patriarca Atenagora quando ha detto a Papa Paolo VI “Noi facciamo l’unità e tutti i teologi mettiamoli in un’isola perché pensino”. È stato uno scherzo ma è vero che lo ha detto. Il nocciolo di tutto questo: si deve cercare il dialogo teologico per cercare le radici. Ma questo non si può fare in laboratorio. Si deve fare camminando» (26 febbraio 2017). Forse qualche teologo sarebbe ben felice di una tale scelta per poter pensare e dialogare senza interferenze ecclesiastiche e accademiche con colleghi intelligenti, magari accompagnando i discorsi con ostriche e champagne, piuttosto che “cercare le radici, camminando”.
Il dialogo teologico fra le diverse confessioni cristiane, che assume la denominazione di ecumenismo, sembra, come da più parti si osserva, che stia vivendo un momento di stanchezza e di stasi. Non mancano le iniziative e le occasioni di incontro, né i corsi di teologia ecumenica, spesso collegati all’ecclesiologia. Poiché, tuttavia, più che suscitare eventi e occupare spazi, papa Francesco invita ad attivare processi, ha voluto istituire presso la Pontificia Università Lateranense un percorso di teologia interconfessionale tale da formare pastori e laici alla comprensione e all’interlocuzione con le altre confessioni cristiane, assumendo come punto di partenza la domanda di Gesù di Nazareth: «Il figlio dell’uomo quando tornerà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). I corsi sono sempre tenuti da tre specialisti delle grandi aree e forme in cui si esprime la fede cristiana: quella cattolico-romana, quella ortodossa-orientale e quella evangelico-riformata. Oltre che interconfessionale, l’iniziativa è internazionale soprattutto per la presenza di docenti di diverse aree geografiche: Germania, Svizzera, Francia, Stati Uniti, Bulgaria, Russia e naturalmente Italia. Quanti sono in possesso del baccellierato in Teologia possono accedere alla licenza in teologia interconfessionale, quanti hanno una laurea civile in discipline umanistiche al diploma universitario: https://www.pul.va/course/teologia-interconfessionale/.
Il processo didattico è accompagnato da un’attività di ricerca all’interno del comitato scientifico cui è affidato il coordinamento del percorso, al quale si accompagna una iniziativa editoriale tesa alla divulgazione dei tempi e ad offrire strumenti per la conoscenza e la formazione dei credenti: si tratta della collana Spiga che si sta pubblicando grazie alle edizioni San Paolo e di cui sono già in libreria i primi tre volumi: un glossario interconfessionale, un volume su Scrittura e Tradizione e uno sulla riconciliazione delle memorie, mentre attendiamo a breve la pubblicazione sulla sinodalità, sempre in prospettiva interconfessionale.
La scelta dello slogan: “comunione nelle differenze”, ispirata da Evangelii Gaudium 228 tenta di superare un’idea di ecumenismo come tendenza all’unità intesa nel senso di omologazione e di dissolvenza delle identità, preferendo la prospettiva comunionale e pregando e tendendo alla possibilità della partecipazione all’unico pane e all’unico calice. È infatti con profonda sofferenza interiore che viviamo l’impossibilità di questa piena comunione per la quale dobbiamo instancabilmente lavorare e sperare, senza cedere alla rassegnazione del “tanto non sarà mai possibile” perché a Dio nulla è impossibile e neppure a noi, se lasciamo che lo Spirito agisca nei nostri cuori e nelle nostre menti. Si tratta di muovere in una prospettiva di comprensione delle diverse realtà confessionali, onde approfondirne motivazioni e scelte di fondo con la consapevolezza che “interconfessionale” non è sinonimo di “aconfessionale”, piuttosto sta ad indicare la pluralità di forme “confessanti”, attraverso le quali si presenta il Cristianesimo nell’oggi della storia. La formula adottata, che non assume un preciso orizzonte disciplinare, richiede una profonda conversione del nostro modo di fare teologia accademica e, in quanto tale, l’iniziativa, oltre che rispondere a un input dal di fuori, intende interpretare un’esigenza interna allo stesso sapere teologico.
LA COLLANA DELLA SAN PAOLO
Per contribuire a una nuova primavera dell'ecumenismo è nata la collana Stacüs, ovvero – in greco – Spiga, edita dalla San Paolo e coordinata dai professori Pino Lorizio, Fulvio Ferrario e Germano Marani. L’icona della 'spiga' rappresenta il senso che soggiace a questo lavoro. Si tratta della collaborazione di docenti ed esperti delle principali confessioni cristiane, che si lasciano interrogare da tematiche attuali e fondamentali per la vita delle Chiese sia d’Occidente che di Oriente.
Ciascun volume è affidato a un gruppo di teologi, appartenenti alle diverse forme del cristianesimo. Si tratta di sussidi offerti agli studenti e agli operatori pastorali perché possano riflettere ed orientarsi circa le posizioni delle comunità cristiane intorno a temi decisivi, che richiedono un lavoro di conoscenza, che possa sostenere l’agire ecclesiale, ossia personale e comunitario. La 'spiga' richiama la «comunione nelle differenze», a cui si ispira la ricerca e l’attività didattica degli Autori, in quanto si presenta come un contenitore di semi diversi, chiamati a formare lo stesso pane. E tale destinazione esprime la nostalgia e il desiderio dell’ospitalità eucaristica fra le Chiese, chiamate a ritrovare l’unità perduta, senza disperdere il patrimonio di ciascuna, che nelle differenze manifesta la fecondità del Vangelo nella storia. Possiamo annunciare con gioia e profonda soddisfazione che hanno già visto la luce i primi tre volumetti della collana: il glossario intitolato 'Le parole della fede', quello relativo al rapporto 'Scrittura e Tradizione nella Chiesa' e, fresco di stampa, 'La riconciliazione delle memorie', mentre attendiamo con ansia la pubblicazione sulla 'Sinodalità'.
Al di là della qualità dell’esperienza di coloro che la stanno vivendo, il sintagma con cui si denomina tale iniziativa, che attua un percorso accademico-didattico e un cammino di ricerca, tende alla «comunione», che ne costituisce l’orizzonte di senso. E, almeno da parte di chi scrive, si tratta della comunione concreta e non meramente immaginata o sognata, per cui credo possiamo condividere il la tesi che, finché non si giunge alla stessa mensa, ogni tentativo risulterà monco. A tal proposito mi sembra di dover sottolineare il fatto che se, come da più parti si afferma, si potrà raggiungere tale finalità solo se si assume come punto di partenza il pur necessario riconoscimento reciproco dei 'ministeri', l’impresa sembra destinata al fallimento e a generare frustrazione, per una serie di motivazioni, di cui chiunque può facilmente rendersi conto. Sarà invece molto più fecondo istruire una profonda e seria riflessione teologica e antropologica a partire dalla convivialità, intorno ai segni del pane e del vino, che ci accomuna a prescindere dalla confessione cui apparteniamo.