Sono sempre più portato a ritenere che la nota giornalista e conduttrice televisiva Lilli Gruber dia il meglio di sé nei suoi libri. E questa mia impressione, per quel che può valere, viene confermata dalla sua ultima fatica editoriale: La guerra dentro. Martha Gellhorn e il dovere della verità, Rizzoli, Milano 2021, edizione digitale). Qui racconta il suo “incontro” con quella che fu la terza moglie di Ernest Hemingway, il quale le dedicò il famoso romanzo, Per chi suona la campana. La lettura di questo bel libro provoca alcuni, a mio avviso decisivi, interrogativi e alimenta diverse riflessioni. Mi limito a qualche sottolineatura.
Il titolo suggestivo, ma anche contro-corrente, da un lato rimanda al famoso aforisma eracliteo: “Polemos (la guerra, il conflitto) è il padre di tutte le cose e alcuni rivela come uomini altri come dei”. E, prima ancora che descriverla nel fuori di noi (la Gellhorn è stata un’importante inviata in zone belliche) viviamo la guerra nel nostro intimo: il conflitto che quotidianamente ci vede impegnati nel tentativo di essere, sempre e comunque, noi stessi, senza cedere alle lusinghe del potere e del successo.
Ma ancor più da pensare danno i due termini, attraverso cui la Gruber riassume la vicenda e il pensiero della Gellhorn: dovere e verità: E si tratta di due parole certamente contro-corrente. La prima risulta sempre più estranea nel dilagare della retorica dei diritti, senza appunto doveri. E, nel caso della scrittrice statunitense, come dovrebbe essere nel nostro, non si tratta di un dovere imposto dal di fuori o, peggio, dall’alto, ma che nasce dal di dentro, ovvero dalla passione indotta in noi da quel demone che ispira i nostri pensieri e le nostre azioni. In tal caso esso ci spinge verso il Vero (“Lungo è il tempo, ma il Vero avviene” cantava F. Hölderlin).
Parola anche questa poco frequentata e spesso contrastata, perché la si ritiene sinonimo di fondamentalismo, nell’epoca in cui prevalgono e dominano le opinioni, che i media veicolano con grande disinvoltura. Eppure, senza la tensione verso la Verità, che non possediamo, ma che possiede quanti si appassionano alla Vita e seguono la Via, le opinioni resterebbero insolute ed inutili, se non nocive.
Questo libro racconta la testimonianza di un’esistenza femminile a sua volta testimone di orrende stragi, perpetrate a causa di falsità e bugie abilmente diffuse. Ma la domanda che rimane è: possibile che dobbiamo ricorrere sempre più di frequente a figure del passato, perché dovere e verità entrino non solo nel nostro lessico, ma nel nostro pensare? Si tratta allora di raccogliere il testimone, ma anche di percorrere il nostro tratto di strada stringendolo e consegnandolo senza cedere alla tentazione della rassegnazione. E l’unica rassegnazione che possiamo intravedere nella vicenda di questa grande donna sta nel suo momento finale, dove la passione sembra consumata e prevalgono la stanchezza e la fatica del mestiere di vivere.