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martedì 15 ottobre 2024
 
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Tenerezza, memoria e sogno, le parole che sigillano il legame tra nonni e nipoti

25/07/2022  Una riflessione del teologo don Pino Lorizio, dell'Università Lateranense, sulla Giornata del 25 luglio

Fra le alleanze infrante che la società e la nostra epoca stanno vivendo c’è quella fra le generazioni. Di qui la necessità di tenere insieme ciò che si allontana sempre di più. Due motivazioni rendono preoccupante tale discrasia. La prima sta nel fatto che, nel nostro mondo occidentale, ci sono sempre più anziani e vecchi. La sproporzione numerica non può non ripercuotersi sul tessuto sociale e culturale della società. La seconda sta nel debito economico che, anche a causa della pandemia, si sta sempre più accumulando sui ragazzi. Non sono in grado di quantificarlo, ma mi chiedo a quanto ammonta in euro il debito economico sulla testa di un bimbo che nasce oggi in Italia?

 

Eppure, la comunità credente, nel momento in cui si accinge a celebrare la “giornata dei nonni” invita a vivere tre parole fondamentali. Innanzitutto, la “tenerezza”. “I vecchi quando accarezzano hanno il timore di far troppo forte”, cantava Fabrizio de Andrè. Si tratta del valore della vita nella sua fragilità. Mi ha molto impressionato, allorché ho assistito alla proiezione del film The father. Nulla è come sembra, diretto da Florian Zeller e che ha come protagonista un leggendario Anthony Hopkins, il reiterarsi della domanda rivolta all’anziano che sta perdendo la memoria: “Ma quando la smetterai di darci fastidio e te ne andrai?”. Morirà in una casa di “riposo” fra le braccia di una infermiera, invocando la mamma.

 

E la seconda parola è proprio “memoria”. Se gli anziani la perdono, i giovani non ce l’hanno. Eppure, solo il “pensiero rammemorante” (M. Heidegger) può nutrire il presente non rivolto nostalgicamente verso un passato che non ritorna, ma radicato in valori ed esperienze che non si possono destinare all’oblio.

 

Il futuro, invece, si alimenta di “sogno”. Si tratta dell’apertura verso un ritorno che non è ripetizione, ma autentica novità, affidata alla creatività giovanile e alla fantasia, capace di generare nuove avventure.

 

In concreto, penso che siamo così chiamati ad accompagnare le esperienze educative in cui tanta generosità viene profusa (mi riferisco all’impegno professionale degli insegnanti e al suo scarso riconoscimento economico nel nostro Paese e al volontariato dei catechisti nelle nostre comunità, nonché alla sfida della didattica a distanza e del reinventarsi continuo). Né possiamo rimanere indifferenti di fronte alla solidarietà fra generazioni che vede i nonni particolarmente attivi nel sostegno ai genitori e ai nipoti attraverso risorse economiche e soprattutto il dono del proprio tempo, che spesso consente ai nuclei familiari di andare avanti nonostante la crisi. Non possiamo tuttavia non preoccuparci profeticamente della rottura dell’alleanza generazionale allorché si è vissuto al di là delle proprie possibilità, assicurando a se stessi un futuro pensionistico remunerativo e precoce e privando di sicurezza e di futuro i giovani. In tal senso il farci carico economico delle giovani generazioni e dei nuclei familiari nascenti assume piuttosto il senso di restituzione del maltolto in precedenza. Né ci possiamo esimere dal sollecitare politiche adeguate perché le giovani menti restino qui e non fuggano altrove, al di là di soluzioni approssimative e saltuarie di sostegno alla ricerca e alla formazione.

 

A tutto questo ci chiama la “giornata dei nonni”, che ci auguriamo di poter vivere nell’abbraccio tra generazioni, capace di sigillarne la ritrovata l’alleanza.

 

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