«Non sono tanto le condizioni detentive a essere un problema. Questo dipende dai singoli istituti e in alcuni sono condizioni eccellenti. Il vero problema è che questi detenuti non hanno diritto al cosiddetto "trattamento", cioè a quel percorso rieducativo e di reinserimento previsto dalla nostra Costituzione. Questo è inumano: pensare che le persone, una volta commesso un reato, non siano più recuperabili, che siano quasi il male assoluto, che devono soltanto scontare la pena».

Don Sandro Spriano, cappellano di Rebibbia ripete da tempo che «la situazione del 41 bis va affrontata perché non si può consentire che la pena sia considerata da speiare solo in senso punitivo e vendicativo». Già da anni don Sandro, anche insieme con l’associazione “Nessuno tocchi Caino” si batte, come recita una mozione di Ntc per «modificare radicalmente l'articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario a cui sono sottoposti i detenuti nel cosiddetto “carcere duro” che sono esclusi per legge dalle misure alternative e, in particolare, dalla liberazione condizionale dopo almeno 26 anni di carcere per i condannati all’ergastolo, pena evidentemente contraria ai principi costituzionali di rieducazione e risocializzazione dei detenuti e di cui pertanto è urgente l’abolizione. La persona anche davanti alle scelte più tragiche dovrebbe essere sempre messa nella condizione di espiare e recuperare».