L’onorevole Calderoli, in crisi di astinenza di visibilità politica, non ha trovato di meglio che ricorrere all’insulto razzista nei confronti della signora ministro Kyenge, paragonandola a un orango. Sulla indecorosa via dell’emulazione xenofoba, per eccesso di zelo demenziale, l’ha seguito un ignoto assessore della Regione Veneto che ha detto che a doversi offendere per il paragone è l’orango, “povera creatura di Dio”. Mai riferimento a Dio fu più squallido e inopportuno.
Si ritorna al becero espediente degli insulti razzisti per richiamare l’attenzione dei mass media su un partito che stenta a risalire la china e che langue tra divisioni ed emorragie di consensi, per poi rettificare e chiedere scusa, ridimensionando il tutto col solito ritornello: “Era solo una battuta”. Chi voleva metterci un rattoppo ha peggiorato lo strappo. E le dichiarazioni di Calderoli al Senato sono autentiche “lacrime di coccodrillo”, unite al maldestro tentativo di spostare l’attenzione su altri guai nazionali.
Questa volta le scuse non bastano più. L’aria è cambiata, la “cattiveria” padana contro gli immigrati non ha più terreno fertile. Calderoli, oltre tutto, è recidivo, la sua collezione di sparate razziste ci hanno già fatto vergognare abbastanza, hanno offeso non solo la Kyenge, ma tutti gli italiani. Oltre ad aver arrecato un grave danno d’immagine del Paese nel mondo. Se in passato, quando la Lega era al governo, il complice silenzio degli alleati, tra i quali una forte componente cattolica di destra, l’hanno sempre coperto e “salvato”, oggi l’esplicita richiesta di dimissioni da parte di Enrico Letta non può essere disattesa, e da subito. Sono in ballo l’onore del Paese e la stessa credibilità del Presidente del Consiglio, che ha speso parole pesanti di condanna e non può permettersi il lusso che vadano a vuoto.
Il quadrato leghista attorno a Calderoli si scontra con una rivolta morale crescente nel Paese e nel mondo cattolico in particolare, per dimenticare quanto prima un ventennio di leggi e provvedimenti xenofobi contro gli stranieri. Se il rigurgito razzista di Calderoli intendeva contrastare e oscurare la bella pagina di umanità scritta da papa Francesco a Lampedusa, il suo tentativo è miseramente fallito. A chiedere perdono per i ventimila immigrati annegati nel Mediterraneo non doveva essere papa Francesco, ma chi ha fatto della “globalizzazione dell’indifferenza” un metodo di governo per “anestetizzare le coscienze”.
Se le scuse di Calderoli sono sincere, come lui ha cercato di dimostrare al Senato, c’è un solo modo per convincerci: rassegnare subito le dimissioni. Se ha ancora un briciolo di dignità, è il solo gesto che può riscattare questo oscuro dentista bergamasco scelto da Berlusconi a far parte dei quattro “saggi” che dovevano riformare la Costituzione italiana e che, invece, hanno partorito la peggiore legge elettorale, definita da lui stesso “una porcata”. E poi ci si chiede perché l’Italia è ridotta così male!
Caro onorevole Calderoli, se le parti politiche non gliene hanno fatto esplicita richiesta in Parlamento, ora a chiederle di dimettersi è il Paese, gli italiani e tutto il mondo cattolico. La sua non è stata solo una “scivolata”, ne tragga le conseguenze.