Il domani della speranza
(dalla Lettera a San Giuseppe, ne “Il Vangelo del coraggio”)
Dimmi, Giuseppe, quand’è che hai conosciuto Maria? Forse un mattino
di primavera, mentre tornava dalla fontana del villaggio con l’anfora
sul capo e con la mano sul fianco, snello come lo stelo di un
fiordaliso? O forse un giorno di sabato, mentre con le fanciulle di
Nazaret conversava in disparte, sotto l’arco della sinagoga? O forse un
meriggio d’estate, in un campo di grano, mentre abbassando gli occhi
splendidi, per non rivelare il pudore della povertà, si adattava
all’umiliante mestiere di spigolatrice? Quando ti ha ricambiato il
sorriso e ti ha sfiorato il capo con la prima carezza, che forse era la
sua prima benedizione e tu non lo sapevi; e poi tu la notte hai intriso
il cuscino con lacrime di felicità? Ti scriveva lettere d’amore? Forse
sì; e il sorriso con cui accompagni il cenno degli occhi verso l’armadio
delle tinte e delle vernici mi fa capire che in uno di quei barattoli
vuoti, che ormai non si aprono più, ne conservi ancora qualcuna.
Poi una notte hai preso il coraggio a due mani, sei andato sotto la sua
finestra, profumata di basilico e di menta e le hai cantato
sommessamente le strofe del Cantico dei Cantici: «Alzati amica mia, mia
bella e vieni! Perché ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia,
se n’è andata. I fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è
tornato, e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra
campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite
spandono fragranza. Alzati amica mia, mia bella e vieni! O mia colomba,
che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è
soave e il tuo viso è leggiadro» (Ct 2,10-14). E la tua amica, la tua
bella, la tua colomba si è alzata davvero. È venuta sulla strada,
facendoti trasalire. Ti ha preso la mano nella sua e mentre il cuore ti
scoppiava nel petto, ti ha confidato lì, sotto le stelle, un grande
segreto. Solo tu, il sognatore, potevi capirla. Ti ha parlato di Jahvè.
Di un angelo del Signore. Di un mistero nascosto nei secoli e ora
nascosto nel suo grembo. Di un progetto più grande dell’universo e più
alto del firmamento che vi sovrastava. Poi ti ha chiesto di uscire dalla
sua vita, di dirle addio e di dimenticarla per sempre.
Fu allora che la stringesti per la prima volta al cuore e le dicesti
tremando: «Per me, rinuncio volentieri ai miei piani. Voglio condividere
i tuoi, Maria. Purché mi faccia stare con te». Lei ti rispose di sì, e
tu le sfiorasti il grembo con una carezza: era la tua prima benedizione
sulla Chiesa nascente. […] Io penso che hai avuto più coraggio tu a
condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei a
condividere il progetto del Signore. Lei ha puntato tutto
sull’onnipotenza del Creatore. Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di
una creatura. Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza. La
carità ha fatto il resto, in te e in lei.
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