Una parola, che lo stesso Bergoglio
ha coniato per descrivere
la premurosa misericordia di
Dio, è l’espressione a cui penso,
quando guardo al suo ministero,
alla sua persona, alla “novità” del suo
pontificato. Papa Francesco mi “primerea”:
mi precede…
Giovanni Paolo II è stato il Papa
della mia formazione. Con Benedetto
XVI ho avuto il privilegio – in un minuto
che mi è sembrato un’eternità – di
scambiare un paio di opinioni sulla fede
in sant’Agostino. Papa Francesco è nella
piena continuità con i suoi predecessori,
ma c’è – ed è innegabile – qualcosa
di nuovo che si percepisce. Non posso
negare che i miei anni di formazione
dai padri gesuiti di Posillipo forse mi
fanno percepire una maggiore sintonia,
ma papa Francesco incarna colui che
mi aiuta a dare “fondamento” al mio
essere cristiano, prima ancora che
presbitero.
Ed è questa, per me, la novità del
suo pontificato. Se è vero che il Vangelo
è un cammino di umanizzazione, dove
il vertice di questo cammino è rappresentato
da Gesù, il Dio che si fa uomo, la
novità di Francesco sta tutta nella sua
umanità! Quello che dice, ciò che fa, il
modo in cui i suoi gesti raccontano la
sua fede, il suo sorriso, così come la sua
faccia arrabbiata se qualcuno lo strattona
un po’ più del previsto, raccontano la
sua umanità.
Un’umanità dentro la quale è sempre
la grazia di Dio a compiere grandi
cose. Ecco perché mi “primerea”, mi
precede. Perché il suo parlare chiaro,
come quello di Gesù, mi impone di
crescere nell’impegno di raccontare il
mistero di Dio a coloro che incontro.
Perché il suo mettersi in fila con gli
operatori della Curia per attraversare
la Porta Santa mi costringe a uscire dai
miei schemi e a tornare a “sedermi” tra
il popolo, come diceva di sé il profeta
Isaia. Perché il suo cambiare le rubriche
del Messale, affinché la lavanda dei piedi
sia vissuta nella piena partecipazione
di tutto il popolo di Dio, mi dimostra
che le scelte fatte, ormai da tanto tempo,
avevano una loro validità. Perché il suo
insistere sulla misericordia, sulla tenerezza,
sull’accoglienza, tratti distintivi
di Dio, mi conferma nella scelta di una
pastorale della prossimità che io, come
presbitero, non posso assolutamente
disattendere.