"Un uomo profondamente libero e generoso. E un uomo di chiesa, molto più prete di quanto sia stato considerato dall’esterno”. E’
il primo commento di don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di
Capodarco, subito dopo la morte di don Andrea Gallo. Don Vinicio aveva
vissuto con don Andrea numerose vicende legate all’emarginazione
sociale dagli anni 80 in poi, soprattutto all’interno di quel
Coordinamento nazionale delle Comunità di accoglienza (Cnca) che
entrambi avevano contribuito a fondare insieme ad altri “preti di
strada” come don Ciotti, don Rigoldi, don Clauser. “Don Andrea – dice
Albanesi – ha vissuto una esperienza comune a molti, che pur
senza l’approvazione delle autorità cominciarono a dedicarsi ai ragazzi
più in difficoltà. Lui lo ha sempre fatto con estrema generosità, con la
capacità di instaurare un rapporto speciale con i giovani: un dialogo fatto di vicinanza, buona volontà, tolleranza e continuo stimolo culturale”.
“Dall’esterno si potrebbe pensare che ebbe rapporti difficili
con la Chiesa – continua don Vinicio – ma in realtà don Andrea aveva un
legame strettissimo e di grande affetto con il cardinale di Genova Siri,
che lo stimava pur avendo un’impostazione del tutto diversa. E con la
sua Comunità ha scelto di legarsi alla parrocchia di San Benedetto al
Porto, mantenendo col parroco un rapporto fraterno fino alla
fine”. Insomma, don Gallo “era molto più prete di quanto apparisse: al
di là del linguaggio e delle provocazioni aveva semplicemente una grande
apertura a tutte le situazioni umane, ma sempre profondamente radicata
nel Vangelo. Aveva un concetto ampio dell’accoglienza, accettava tutti
senza imporre regole, limiti, schematismi di tipo terapeutico. E va
giudicato per quello che ha fatto, per la sua libertà e la sua
generosità”.