don Renzo Zocca
“Caro Mario, incontriamoci a Verona e stringiamoci la mano”: la proposta per riconciliare la città scaligera con Mario Balotelli e chiudere il brutto episodio di domenica scorsa quando il calciatore, fatto oggetto di ululati razzisti ha scagliato il pallone in curva durante la partita Verona-Brescia, non è di un veronese qualsiasi, ma di un personaggio noto in città, e non solo, quasi un’istituzione: don Renzo Zocca. Il sacerdote fondatore nel 1985 dell’associazione l’Ancora nata per accogliere le situazioni d’indigenza, partendo dal quartiere di periferia di Saval, è famoso per il suo impegno a favore dei poveri: tutti ricordano il dono che fece a Papa Francesco della sua Renault 4 l’utilitaria che aveva percorso 300 mila chilometri e che il Pontefice additò come simbolo della Chiesa “povera tra i poveri”. Proprio qualche mese fa il settantacinquenne sacerdote è stato insignito dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dell’onorificenza di Commendatore per “la dedizione e il quotidiano impegno a favore di anziani in condizioni di disagio economico e sociale”.
Ma pochi, forse, ricordano che il prete, originario di Pescantina, Comune a pochi chilometri dal capoluogo scaligero, negli anni ’80, quando i gialloblu guidati da Osvaldo Bagnoli vinsero lo storico scudetto, fu anche assistente spirituale dell’Hellas Verona per più di una stagione.
Ed ecco la sua proposta: “Mi piacerebbe incontrare Balotelli a nome della città, per chiedergli scusa di quanto accaduto, per manifestargli solidarietà e spiegare al ragazzo che Verona non si identifica affatto in quei dieci-quindici tifosi razzisti”, spiega don Renzo, che da sempre è tifoso dell’Hellas, sebbene “non frequenti più lo stadio”. “I gesti di intolleranza di stampo razzista non sono mancati in questi anni al Bentegodi”, racconta. “Negli anni in cui ero assistente non ne ricordo, ma forse solo per il fatto che calciatori di colore ne circolavano ben pochi in campionato. Ma negli anni successivi la cronaca locale ha iniziato a segnalarli. Ne rammento uno per tutti: quando durante una partita venne fatto penzolare dalla curva un fantoccio di colore impiccato”. Per la cronaca vi rimase per oltre mezz’ora. Era il 1996, e la partita era un derby: Hellas Verona-Chievo e lo striscione che l’accompagnava diceva: “El negro i ve là regalà. Dasighe el stadio da netar!” (“Il negro ve lo hanno regalato. Dategli lo stadio da pulire”. Il manichino era il macabro “simulacro” del giocatore olandese Maichel Ferrier “reo” soltanto di aver appena firmato un contratto con la società scaligera; ma a Verona, proprio per quanto accaduto quel pomeriggio allo stadio, non arrivò mai.
Ora le cose sono davvero cambiate? “Beh, da tempo nella squadra milita più d’un calciatore di colore, ben inserito e accolto”, risponde il sacerdote. “Comunque, ma questo vale per tutt’Italia, lo stadio, e non solo la curva, è diventato una specie di vomitatorio di pulsioni represse, dove qualcuno sfoga quanto ha dentro ed esplodono le peggiori miserie. Razzismo a parte, turpiloquio e bestemmie non si contano più”.
Che fare per rimediare, allora? Don Zocca non ha ricette ma su una cosa è sicuro: “Prima di tutto bisogna individuare i colpevoli e colpire in modo severissimo chi si macchia di questi gesti esecrabili che fanno del male a tutta la città. La tecnologia ormai lo permette. Bene ha fatto la società dell’Hellas a cacciare l’ultrà Luca Castellini (dirigente di Forza Nuova, ndr) fino al 2030”. Una specie di “daspo” per le affermazioni dell’ex-capo della curva sud che, in un’intervista radiofonica di qualche giorno fa in cui, tra l’altro, aveva sparato: “Balotelli non potrà mai essere del tutto italiano”.
Don Renzo, infine, allarga il campo: “Anche la politica e i toni del dibattito politico, mi pare, in questo senso, purtroppo non insegnino un granché. Ma non mi faccia fare nomi”.