Ricorda ancora con emozione
il primo parto a cui
assistette come medico
in formazione. Era di una
donna al suo terzo figlio.
Il neonato però non piange.
Non respira. La situazione
precipita. Alla fine,
per fortuna, il bimbo viene salvato.
«Una paura e una gioia che non dimenticherò
mai. Purtroppo in molti
Paesi del mondo non c’è chi sappia
effettuare questa operazione».
Chissà, forse anche per questo
la dottoressa Flavia Bustreo decise di dedicare la sua vita alla salute dei
bambini e delle donne, soprattutto nei
luoghi dove questo diritto è ancora negato.
Un impegno e una competenza
che, negli anni, le sono valsi la responsabilità
al più alto livello mondiale
in questo settore. Flavia Bustreo,
infatti, è dal 2010 vicedirettrice generale
dell’Organizzazione mondiale
della sanità (Oms) per la famiglia, la
salute della donna e dei bambini.
Ha 54 anni, originaria di Camposanpiero
(Padova), ma cresciuta a
Marghera, si è laureata in Medicina col
massimo dei voti a Padova e poi si è specializzata in medicina riabilitativa
e in malattie infettive. Agli inizi
degli anni Novanta arrivano le prime
esperienze internazionali prima in
Iraq e poi nella ex Jugoslavia con varie
Ong.
Quindi gli incarichi nell’Oms che
l’hanno portata a operare in una decina
di Paesi tra Asia, America e Africa.
Vive a Ginevra assieme al compagno
americano, parla cinque lingue e conosce
il russo e l’arabo.
Flavia Bustreo è responsabile dal
2010 della Strategia globale dell’Onu
per ridurre la mortalità materna e infantile.
«La situazione negli ultimi 15
anni è migliorata molto: le morti materne
si sono dimezzate, tuttavia non
si sono raggiunti gli obiettivi del Millennio.
Significa che resta ancora molto
da fare», spiega. Altre cause di mortalità
sono aumentate, in particolare le
malattie tumorali. «In America latina
le morti per cancro hanno superato
quelle legate alla maternità. Nel Bangladesh
la mortalità da queste malattie
ha superato le morti da parto e la stessa
dinamica si registra in Africa».
Ma c’è un’altra enorme sfida alla
quale la vicedirettrice dell’Oms ha deciso
di dedicare l’impegno del suo mandato:
la violenza sulle donne. «Sta aumentando
ovunque e non risparmia
nessuna età. In un nostro rapporto
recente emerge che una donna su tre è
stata fatta oggetto di violenza. Tra i Paesi
più pericolosi spicca l’India. Stiamo
collaborando con il Governo di quel
Paese per prevenire questo gravissimo
fenomeno, dal quale non è affatto immune
neanche l’Europa».
Donna diplomatica ma franca, Bustreo
si toglie qualche sassolino dalla
scarpa: pur ammettendo che la questione
della salute delle donne e dei
bambini sta lentamente entrando nelle
agende politiche nazionali, lamenta
lo scarso apporto di finanziamenti
governativi, «necessari perché proprio
dalle leadership politiche dei vari
Paesi possono provenire risorse che
fanno la differenza in sanità».
È una critica rivolta all’Italia?
«Certo. Il nostro Paese non ha ancora
messo a disposizione i fondi per lo sviluppo
per la salute materno-infantile.
Nel 2010 l’Italia promise 80 milioni di
euro, briciole rispetto a quanto misero
altri, fondi che poi non abbiamo mai
visto, se non in parte minima».
Non risparmia neanche i media:
«Trovo che in Italia i media si occupino
molto poco delle politiche dell’Oms.
La copertura avviene solo nelle emergenze,
com’è stata Ebola».
Sull’attuale
emergenza profughi, che ha anche risvolti
sanitari, ecco l’ultimo affondo:
«L’Europa potrebbe e dovrebbe fare
molto di più, in termini di accoglienza,
ma anche di riflessione a lungo periodo.
Le morti nel Mediterraneo sono la
spia di un’ingiustizia sociale enorme,
che comprende tra le altre l’impossibilità
per donne e bambini di avere accesso
alla salute nei loro Paesi».
Nel 2017 scade il suo mandato. Che
farà, poi, Flavia Bustreo? Risponde tra
il serio e il divertito: «Beh, se è per questo,
termina anche il mandato della
direttrice generale, la cinese Margaret
Chan...». E se lo dice lei…