Otto donne, la metà esatta del totale dei ministri. È la prima volta per il nostro Paese. Ed è la prima novità dell’Esecutivo firmato Matteo Renzi. Politiche, donne in carriera con profili ed esperienze differenti, ma anche mamme e neomamme a breve (una di loro). Sette volti nuovi – non per la politica, ma per il Governo sì –, solo una riconfermata della precedente squadra di Letta: è Beatrice Lorenzin, 42 anni, titolare del dicastero della Salute per il Nuovo centrodestra. La più giovane, del Governo e della storia repubblicana, è Maria Elena Boschi, 33 anni compiuti a gennaio. Fiorentina, avvocato, è stata designata al ministero delle Riforme e dei rapporti con il Parlamento. Fedelissima di Matteo Renzi, è membro della segreteria del Partito democratico.
A capo degli Esteri – settore delicatissimo in un momento di particolare urgenza per l’Italia con la gestione del caso dei due marò in India – Emma Bonino lascia il posto a Federica Mogherini, classe 1973, romana, sposata con due bambine. La Mogherini è responsabile per l’Europa della segreteria del Pd renziano. Non vanta certo la vasta e consolidata esperienza della Bonino. Ma le relazioni internazionali sono sempre state il suo campo di interesse, fin dai tempi dell’università: laureata in Scienze politiche, ha svolto una tesi sui rapporti fra religione e politica nell’islam durante l’Erasmus in Francia.
Al
ministero dell’Istruzione, già guidato da una donna, Maria Chiara Carrozza, arriva
Stefania Giannini, 53enne toscana, anche lei ex rettore universitario. Linguista e glottologa, ha guidato l’Università degli stranieri di Perugia ed è segretaria di Scelta civica.
Federica Guidi, modenese classe 1969, è la
neoministro dello Sviluppo economico. Sposata, con un bimba, è entrata nell’azienda di famiglia, la Ducati Energia, arrivando alla vicepresidenza. È stata presidente nazionale dei Giovani di Confindustria.
Gli Affari regionali sono affidati a un vessillo della coraggiosa lotta dei primi cittadini alla ’ndrangheta:
Maria Carmela Lanzetta, 64enne calabrese, è stata sindaco di Monasterace (Reggio Calabria) e vive sotto scorta.
Un’altra storica prima volta di questo Governo: una donna
alla guida della Difesa. È
Roberta Pinotti, nata nel 1961, genovese, sposata con due figlie, ex insegnante di lettere, senatrice del Pd. La Pinotti è stata la prima donna a presiedere la commissione Difesa della Camera ed è già stata sottosegretario al medesimo dicastero dal maggio 2013. La sua nomina ha un forte valore in un Paese nel quale, fino a oggi, questo settore era stato baluardo del potere maschile. «Non ci sono frontiere che le donne non possano superare», ha commentato. Nel mondo, del resto, sono sempre di più le donne che conquistano un territorio tipicamente maschile. Come Ursula von der Leyen, voluta alla guida della Difesa in Germania da Angela Merkel lo scorso dicembre. La Francia ha compiuto questo passo nel 2002, con Michèle Alliot-Marie. E la Spagna nel 2008, quando Zapatero ha scelto Carme Chacón. Che, oltretutto, era anche in dolce attesa: fecero scalpore le immagini di lei con il pancione che sfilava davanti ai contingenti in missione in Kosovo e Afghanistan.
E, per l’appunto, con il pancione all’ottavo mese di gravidanza si è presentata al giuramento
Marianna Madia, 33 anni (la seconda più giovane della squadra), al
dicastero per la Semplificazione e pubblica amministrazione. Romana, laurea in Scienze politiche, un dottorato in Economia del lavoro, nel 2008 Veltroni l’ha voluta come candidata alla Camera, capolista nel Lazio. Oggi la Madia è membro della segreteria del Pd. È sposata e ha già un bambino, Francesco: quando ha saputo della nomina stavano guardando insieme
Peppa Pig, ha confessato candidamente. Del resto, non è la prima neoministro in dolce attesa: prima di lei ci fu Stefania Prestigiacomo nel 2001. In seguito, nel 2010, Mariastella Gelmini diventò mamma durante il mandato ministeriale. Ora la giovane Madia. E se, certo, la politica si misura con ben altro, è un segnale non di poco conto in un’Italia che ancora impone a un gran numero di donne la scelta di campo di fronte al drammatico bivio: lavoratrici o mamme?