La zona gialla, le riaperture, la necessità di incontrarsi, non riguardano solo le scuole e neppure esclusivamente bar, ristoranti o cinema. C'è voglia di ricominciare quelle attività che sono il tessuto connettivo dell'Italia, in parte nascosto, ma essenziale. Nei lunghi mesi di chiusura gli animatori di oratori, patronati e centri per ragazzi non sono stati inoperosi. Hanno seguito formazioni online, hanno tenuto i contatti con i loro ragazzi, hanno progettato la ripartenza.
Chiara Casagrande, 41 anni, mamma di Cecilia, Annalisa, Giorgio e Martina, è cresciuta nella parrocchia di Monteluce a Perugia e lì ha conosciuto suo marito Giacomo. «Sentiamo forte il desiderio di restituire la bellezza e la ricchezza di quanto avevamo ricevuto – ci dice. Da fidanzati ci siamo spesi nell’animazione giovanile; dopo il matrimonio ci siamo dedicati alla catechesi, al dopo-scuola, al Grest. Da alcuni anni sono formatrice Anspi (Associazione Nazionale San Paolo Italia) e collaboro nella preparazione dei sussidi invernali ed estivi». In Umbria, dove l'oratorio accanto al campanile non vanta una lunga tradizione, parroci intraprendenti hanno però avviato corali, gruppi teatrali, cineforum, campi estivi, serate culturali, corsi biblici... un nucleo per la cura pastorale di ragazzi, giovani e adulti. «Il lockdown ha messo a dura prova le nostre realtà. Laddove gli oratori potevano contare su una rete territoriale virtuosa, sono andati avanti nella missione: web-radio, gruppi WhatsApp, momenti di testimonianza e di formazione a distanza anche per i più piccoli, incontri di preghiera e celebrazioni su YouTube... Talvolta la fatica ha sopraffatto le intenzioni e si è preferito rimandare tutto».
I lunghi mesi di distanziamento hanno prodotto un grande desiderio di libertà incondizionata. C'è già alle spalle l'esperienza del Grest 2020, poco affollato, più intimo. Oggi è cresciuta la consapevolezza della situazione e esistono anche più strumenti ma, sottolinea Chiara con il cuore di mamma, «c'è paura, poiché la situazione per i bambini e i ragazzi, che sembravano al sicuro dal contagio, ora è cambiata. Le famiglie durante la pandemia hanno pagato un prezzo altissimo. Ma nelle ultime settimane emerge un grande desiderio di poter tornare in oratorio, visto che le scuole elementari e medie sono al 100% in presenza».
L’oratorio è il luogo che può offrire chiavi di lettura per la vita, in grado di dare una bussola in questo momento pieno di dubbi. Da questo punto di vista, non esiste in Italia un oratorio uguale all’altro, ognuno ha la sua ricchezza. Confida ancora Chiara Casagrande, che alterna famiglia, il lavoro di “artigiana della carta” per produrre biglietti augurali e impegni diocesani nella comunicazione, il suo campo di studio: «La grande responsabilità di chi dirige un oratorio e di tutti gli educatori è di non affezionarsi troppo alle proprie certezze. Laddove alcune cose non funzionano, è bello recepire consigli, raddrizzare la rotta, darsi obiettivi nuovi, conseguenti alle nuove domande che nascono. C'è bisogno di un oratorio vivo, con adulti significativi che abbiano voglia e tempo da dedicare agli altri gratuitamente, e questo non è facile. Occorre ampliare l'orizzonte e non andare verso le solite collaborazioni sicure. Papa Francesco chiede di essere Chiesa in uscita, attenta alla periferia, che combatte la cultura dello scarto, e l’oratorio è “in uscita” se dà gli spazi giusti al suo interno per trovare il bello e il buono per la propria vita».
La speranza è che non si riparta semplicemente da dove si era lasciato, ma che si possano coraggiosamente servire le giovani generazioni nella loro crescente richiesta di senso, nel disorientamento generale in cui molti sono relegati. La vera sfida della fede è far crescere la comunità nella condivisione.