Nei giorni scorsi, abbiamo ricevuto in redazione una bella lettera che riflette e chiede chiarimenti sull’espressione che ripetiamo nel Credo: «Verrà [Gesù] a giudicare i vivi e i morti». Giustamente, il lettore capisce che è sottinteso «l’“ultimo giorno”, sconosciuto per tempi e/o modalità». Da qui la parte finale della lettera: «Io credo che anche i “non nati” godano già l’abbraccio del Signore e non debbano aspettare “la fine dei tempi”. Se non fosse così, dopo la morte, la nostra anima, dove si troverebbe parcheggiata in attesa di sapere se saremo giudicati pecore o capri (Matteo 25,31-34)?». Intanto, mentre manifesto il mio compiacimento nel leggere simili riflessioni, non nascondo che domande come queste meritano un corso, come avviene nei corsi di escatologia, e non una risposta al volo. In questo breve spazio, posso solo accennare alcuni elementi. Innanzitutto, che le Chiese apostoliche non ammettono l’opinione di alcune comunità ecclesiali riformate nota come «il sonno escatologico». Infatti, l’insegnamento della Chiesa – condensato nel Catechismo della Chiesa cattolica (nn. 1020-1065) parla di giudizio particolare e giudizio finale. Del primo, si legge: «Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, oppure si dannerà immediatamente per sempre». Cosa cambia allora con il giudizio finale? Sempre con cristallina chiarezza, il Catechismo spiega: «Davanti a Cristo che è la verità sarà definitivamente messa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio. Il giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena». Certo, il nostro discorso su queste «verità di fede» resta sempre limitato. Camminiamo, infatti, nella fede e non (ancora) nella visione. Nella fede sappiamo che «quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano» (1Corinzi 2,9). Ma sappiamo anche che, sebbene i tempi e le modalità ci sfuggono – come già scrivi, caro Paolo – il cuore e il che cosa del giudizio è cristallino. Giovanni della Croce condensa così la pagina del giudizio di Matteo 25: «Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore».