A Roma avvisano: “Il Papa è a Castello”. Lo dicono da sempre, come un matra ordinario e regolare. O almeno lo dicevano finché Giovanni Paolo II cominciò a fare la vacanze anche altrove sulle Alpi. E anche Benedetto XVI per qualche anno ha seguito la tradizione recente di Karol Wojtyla. Ma quest’anno ha deciso di tornare alla tradizione antica quando i Papi raggiungevano la Villa affacciata sul lago di Castelgandolfo.
Perché abbia deciso così Joseph Ratzinger non è dato saperlo, almeno ufficialmente. Qualcuno ha detto che voleva dare un segnale di sobrietà per via della crisi economica. Altri hanno fatto sapere che Benedetto XVI voleva stare in assoluta tranquillità, per scrivere le pagine del nuovo libro a cui sta lavorando, un testo che completa la trilogia su Gesù di Nazareth, questa volta sulla infanzia di Gesù. E poi che avrebbe anche messo mano alla bozza della nuova enciclica, anche questa per completare la trilogia sulle virtù teologali: dopo la carità e la speranza ecco la fede.
Il Papa ama passeggiare nell’immenso giardino della Villa, può leggere, pregare in assoluta tranquillità. Alla fine di settembre incontrerà alla Villa, come di consueto i suoi compagni di scuola e i suoi studenti del periodo in cui era professore in Germania. E’ un colloquio importante, una sorta di seminario che serve per fare il punto sulla teologia attuale. La gente di Castelgandolfo è contenta che il Papa stia lì per tutta l’estate accanto a loro. Alla domenica il cortile della Villa si riempie per la recita dell’Angelus. La presenza del Papa ha anche un ritorno economico per l’economia della zona.
Il 15 agosto il Papa esce dalla Villa e va a celebrare la messa nella piccola chiesa sulla piazza principale del Paese. Una volta i Papi passeggiavano per il borgo. Pio IX andava per i vicoli e entrava anche nelle case e spesso sollevava il coperchio della pentola sui fornelli per saggiare la consistenza del brodo. E se vedeva che il cibo non era sufficiente lasciava un po’ di denaro alla famiglia. In questo dossier raccontiamo il Castello, la Villa e i suoi speciali inquilini.
Era la grandiosa residenza di campagna dell’Imperatore Domiziano che si estendeva attorno al lago di Albano. Le due sponde erano occupate dalla sue ville. C’erano palazzo portici e teatri. Le Ville Pontificie del complesso di Castelgandolfo sono state costruite sui resti della parte centrale della residenza dell’Imperatore. Secondo alcuni studiosi dove si trova ora il Palazzo papale era il centro dell’antica Albalonga. La Villa dominava il mar Tirreno e la collina era stata tagliata in tre grandi terrazze che finivano sul mare. Il criptoportico dove oggi il Papa passeggia al coperto era lungo in origine oltre 300 metri. Adesso ne rimangono solo circa 120. Gli altri imperatori non si interessarono però alla grandiosa villa e preferirono scegliersene altre. Adriano si fece costruire la Villa di Tivoli. La storia tace fino al 1200 quando sulle rovine di Albalonga la famiglia genovese dei Gandofi (da cui il nome di Castegandolfo) eresse appunto una rocca quadrata con in piccolo cortile interno, che c’è ancora.
Nel 1596 papa Clemente VIII con la Bolla dei Baroni prese possesso del castello, togliendolo ai Savelli che l’avevano presa ai Galdolfi. Insomma quella Rocca passò in molte mani in tre secoli finché il Papa con un decreto del Concistori dei cardinali e nel 1604 lo dichiarò “patrimonio inalienabile della Santa Sede”. Paolo V portò l’acqua con l’acquedotto che le attingeva dal Malafitto, una sorgente sulle montagne intorno e bonificò la zona prosciugando un laghetto. Urbano VIII, Papa Barberini, eletto nel 1623 fu il primo Papa che decise di villeggiare stabilmente a Castelgandolfo. Fece restaurare la Rocca e costruire l’ala del palazzo che guarda il lago, a sinistra dell’attuale facciata. E si cominciò ad ampliare il giardino e ad affrescare gli interni. Alessandro VII, Papa Chigi, costruì l’altra ala a destra del portone quello che guarda verso il mare. Ma fu Clemente XIV ad acquistare la villa accanto, Villa Cybo, e il parco di tre ettari. Nel 1870 con la presa di Porta Pia e la fine dello Stato Pontificio la residenza papale di Castelgandolfo finì dimenticata, perché, nonostante la “Legge delle Guarentigie” l’aveva inclusa tra le pertinenze del Papa, i Pontefici non uscirono più dal Vaticano, nemmeno per andare in vacanza a Castelgandolfo.
Dove andavano in vacanza i Papi prima di Castelgandolfo? Intanto ci andavano e amavano soprattutto la campagna. Eugenio III, eletto nel 1145, si fece costruire un palazzetto a Segni per le vacanze dove si recarono in seguito molti pontefici. Innocenzo IV (1243) preferiva Anagni, il suo predecessore Gregorio IX nel 1235 si fece costruire anche lui una casa di campagna a Terni. Martino V Colonna d’estate andava nel castello di Genazzano. Ma non durò molto. Già con Paolo II nel 1464 i Pontefici scelgono qualche luogo di Roma, che allora non era considerato città, ma campagna. Sisto IV a Torre in Pietra, oggi borgata sull’Aurelia verso il mare e nel castello di caccia alla Magliana. Clemente VII Medici (1523) sale a Villa Madama, sulla pendici di Monte Mario oggi piena città, ma allora lontana dal centro. Paolo III Farnese sale per la prima volta ai Castelli Romani a Frascati. Lo fa anche Gregorio XIII (1572). Sisto V (1585) invece sceglie il Quirinale, che allora era un modesto palazzotto del cardinale Luigi D’Este. Lo fa sistemare e ampliare, costruisce la piazza e vi mette l’attuale fontana. Con Sisto V il Quirinale diventa abitazione dei Papi per buona parte dell’anno.
Con il cardinale Barberini, Urbano VIII, la scelta di Castelgandolfo è praticamente definitiva. Il 10 maggio 1626, finiti i lavori di restauro della vecchia Rocca, parte per la villeggiatura. Allora era davvero un lungo viaggio, che durava un giorno con due fermate per abbondanti libagioni, la prima Tor di Mezza Via, praticamente oggi dentro Roma, dai Marescotti e la seconda alle Frattocchie, prima di Albano, dove fino a qualche anno c’era la famosa scuola quadri del Pci, dai Colonna. Il Papa viaggiava su una carrozza trainata da sei cavalli, scortato dai svizzeri, preceduto da un cavaliere che portava la croce e seguito dalla corte. In tutto viaggiavano circa 150 persone. Emilio Bonomelli, che per molti anni a metà del Novecento è stato direttore delle Ville Pontificie, descrive questo straordinario viaggio in un libro sulle vacanze dei Papi nella storia, ormai introvabile. Prima erano andati a Castelgandolfo cuochi, panettieri, camerieri, maestri di tavola e di vino, per dar da mangiare a tutta quella gente che, scrive Bonomelli, “era di gagliardo appetito” dal momento che le istruzioni sul cibo non prevedevano mai meno di una decina di portate per ogni pranzo ordinario. Quando gli abitanti di Castelgandolfo avvistavano il polverone del corteo, che si rimetteva in moto dalla Frattocchie, cominciavano a suonare le campane. Oggi Benedetto XVI soggiorna a Castelgandolfo praticamente da solo e sicuramente le portate alla sua tavola sono molto molto minori.
I Patti Lateranensi segnano una nuova epoca per la residenza estiva dei Papi. Ma durante le discussioni con il governo fascista si era affacciata anche l’ipotesi di dare ai Pontefici Villa Farnese a Caprarola oppure Villa Doria Pamphlij che sta accanto al Vaticano dietro il colle del Gianicolo nel centro di Roma, che oggi è una delle sedi di rappresentanza della Presidenza del Consiglio, quella dove si accampò Gheddafi con la sua tenda beduina durante il soggiorno a Roma. Ma il principio di mantenere alla Santa Sede la sua villa tradizionale alla fine prevalse. Pio XI comperò alcuni orti verso Albano dove sorse una piccola azienda agricola. Nel 1934 fu trasferito l’Osservatorio Astronomico, la Specola Vaticana, che è affidato ai gesuiti, poiché a Roma c’erano troppe luci notturne che ostacolavano l’osservazione delle stelle.
Oggi la Villa, o meglio le Ville pontificie del complesso di Castelgandolfo si estendono per 55 ettari, e godono di extraterritorialità, come il Vaticano. Papa Ratti, cioè Pio XI, eletto nel 1922 e morto nel 1939, che aveva speso molti soldi per la Villa, ne era talmente innamorato che arrivò a passarci sei mesi all’anno tra il 1934 e il 1938. Nell’appartamento pontificio fece costruire una cappella privata e vi portò una statua della Madonna nera di Czestochowa, quasi un presagio per quando anni più tardi qui si sarebbe inginocchiato il primo Papa polacco della storia. Nel 1933 Pio XI andò due volte in segreto a Castelgandolfo ad ispezionare personalmente i lavori. E’ da Castelgandolfo che Pio XI alzò la voce contro il nazismo e le leggi razziali italiane e la guerra imminente.
Sui muri esterni della Villa Pontificia ci sono ancora i segni delle schegge, sopra Porta Romana, la volta che immette sulla piazza di Castelgandolfo. Ad ogni restauro vengono protetti, affinchè resti come monito. Era il 1944, quando il fronte si attestò sotto Roma. Il 23 settembre 1944 gli abitanti di Anzio e di Nettuno erano stati costretti a lasciare le loro per via di un’ordinanza tedesca. Ma i primi profughi bussarono alla Villa Pontificia già il 9 settembre quando un reparto di paracadutisti tedeschi attaccò i soldati italiani della divisione Piacenza accampati ad Albano a Villa Doria. Il Papa, Pio XII, diede ordine di aprile le Ville e inviò a Castelgandolfo il sostituto alla segreteria di Stato Giovanni Battista Montini e il direttore delle Ville Emilio Bonomelli. La Segreteria di Stato Vaticana aveva provveduto già a luglio a fornire agli Alleati le carte con l’esatta ubicazioni delle Ville Pontificie, per evitare errori nei bombardamenti, e nei mesi successivi aveva informato Londra che all’interno delle Ville c’erano centinaia e centinaia di sfollati.
La Villa era stipata di gente, accampate anche nei giardini sotto tende di fortuna, dormiva nel criptoportico, sulle scale con i materassi a terra. Il Papa aveva dato disposizione di aprire le stanze dei dignitari, il salone degli svizzeri, le sale dell’anticamera, del Concistoro e addirittura il suo appartamento. Nella camera da letto papale in quei mesi nacquero ben 34 bambini, tra cui due gemelli, a cui i genitori diedero i nomi di Eugenio Pio e Pio Eugenio in onore del Papa, Eugenio Pacelli, Pio XII. Bonomelli aveva organizzato un comitato di autogoverno composto da alcuni sfollati di cui lui era presidente. I contatti con il Vaticano erano assicurati da una radio che funzionava con un generatore regalato al Papa dalla Marina Militare italiana dopo l’8 settembre. Nella Villa c’erano anche alcuni sacerdoti, un salesiano don Dino Stella e don China, che erano in contatto con la resistenza. Due di loro un giorno uscirono nei boschi perché avevano avuto notizia che due prigionieri di guerra inglesi erano riusciti a sfuggire ai tedeschi. Li trovarono, li vestirono con la talare e la domenica in albis del 1944 li battezzarono nella chiesa parrocchiale di Castelgandolfo, mentre un ufficiale tedesco ignaro della vicenda, suonava l’organo.
Ma nonostante gli avvisi del Vaticano gli Alleati il 10 febbraio del 1944 bombardarono la residenza di Propaganda Fide a poche centinaia di metri dalla Villa dove si trovano altri rifugiati. Fu una strage: 500 morti. La Villa pontificia si trasformò in ospedale precario per curare i feriti. Nel bombardamento vennero colpiti anche i conventi delle Clarisse e delle suore brasiliane. Dodici suore morirono. I primi due carri armati americani arrivarono a Castegandolfo il 4 giugno 1944. Due soldati con una jeep bussarono al portone della Villa ed entrarono nel cortile, quello dove oggi i fedeli assistono all’Angelus di Benedetto XVI.
Paolo Vi morì a Castelgandolfo il 6 agosto 1978. La salma dei Pontefice venne composta nella sala degli Svizzeri e rimase lì fino al 9 agosto quando venne portata in Vaticano in forma privata. Giovanni Paolo I, eletto il 26 agosto, non andò mai a Castengandolfo durante il suo breve pontificato. L’ottobre il cardinale Karol Wojtyla a Roma per il conclave salì a Castelgandolfo per qualche ora di riposo. Appena eletto Papa il 25 ottobre tornò a Castello tra gli abitanti in festa. Dopo la Seconda Guerra mondiale le vacanze dei Papi nella Villa ricominciarono nel 1946.
Si calcola che Pacelli, Pio XII, trascorse a Castelgandolfo quasi un terzo del suo pontificato. Amava molto la Villa. E anche lui morì lì il 9 ottobre 1958. Era il primo pontificato che si chiudeva a Castelgandolfo. Anche Roncalli pochi giorni dopo la sua elezione volle andare nella Villa. Si affacciò alla finestra sulla piazza e liberò alcune colombe. Giovanni XXIII fu il primo Papa a recitare l’Angelus alla domenica per fedeli e iniziò la tradizione di celebrare la messa il 15 agosto nella chiesa parrocchiale per la Madonna Assunta. Montini ogni anno tornò a Castelgandolfo per due mesi ogni anno dalla metà di luglio alla metà di settembre. Il 13 agosto 1972 durante l’Angelus parlò della vacanza: “Respiriamo quest’aria buona, ammiriamo la bellezza di questo quadro naturale, gustiamo l’incanto della sua luce e del suo silenzio”. Con l’Anno santo del 1975 il Papa decise di tornare a Roma ogni mercoledì perché l’affluenza dei pellegrini era molta e l’udienza non si poteva tenere alla Villa. E si decise per la prima volta di usare l’elicottero. A Giovanni Paolo II Castelgandolfo stava un po’ stretto, non è un mistero. Karol Wojtyla fece costruire nel giardino della Villa una piscina.