«Il Consiglio d'Europa è preoccupato per la situazione dei Rom e Sinti in Italia». Non usa parafrasi Michel Guet, giovane funzionario del Consiglio d'Europa, l'Organizzazione europea con sede a Strasburgo, che tra i suoi fini contempla quello di tutelare i diritti fondamentali della persona attraverso la creazione di
uno spazio democratico e giuridico comune in Europa. La
Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo, il testo fondamentale del Consiglio d'Europa, è
stato sottoscritto il 5 maggio del 1949 da 10 Stati tra cui l'Italia e raggruppa oggi 47 Stati membri, cioè in pratica quasi tutti i paesi d'Europa.
«Contestiamo in particolare all'Italia di non aver dato esecuzione alla Convenzione Quadro per la protezione delle minoranze nazionali del 1995, di cui il vostro Paese è sottoscrittore», incalza il funzionario. «In particolare la minoranza Rom/Sinti, che vive nel vostro territorio da diversi secoli, dovrebbe vedersi riconosciuto lo status di minoranza, che comprende una serie di diritti relativi al diritto di spostamento, agli alloggi e a tutti i servizi connessi, come i trasporti, l'igiene, la scolarizzazione, l'utilizzo di mediatori sociali che aiutino la loro integrazione nella società soprattutto a scuola, etc.».
A breve a Strasburgo la Corte europea
dei diritti dell'uomo, che fa capo al Consiglio d'Europa, terrà udienza nel procedimento intentato contro il nostro Paese dal Comitato per i diritti sociali del Consiglio d'Europa. Il motivo del procedimento è la violazione della Carta sociale europea, un trattato del Consiglio d'Europa a tutela dei diritti economici e sociali risalente al
1961. Le norme contestate sono quelle del cosiddetto "Pacchetto sicurezza", le cui conseguenze sarebbero di avere ancor di più contribuito a produrre la stigmatizzazione sociale dei Rom e Sinti e la loro segregazione. Il pacchetto sicurezza violerebbe infatti il loro diritto all'abitazione (ex art. 31 della Carta) costringendoli alla segregazione e alla privazione dei diritti
all'assistenza familiare e sociale previsti dall'art.16.
L'attività del Consiglio d'Europa è volta anche alla lotta contro i
pregiudizi e gli stereotipi attraverso numerose campagne di sensibilizzazione che favoriscano la
conoscenza di questa etnia, che resta ancora agli occhi dei più socialmente inaffidabile.
«La nostra attività missionaria di annuncio della Parola si svolge tra mille pastoie burocratiche e spesso non ne veniamo fuori», dice con un sospiro Davide Casadio, volto e capelli bruni che, insieme ai suoi tipici tratti somatici, rivela tutta la sua origine rom. Pastore evangelico della Missione Evangelica Zigana (realtà evangelica associata alle Assemblee di Dio in Italia), Davide, che non mostra più di 40 anni, ha passato un'infanzia a traino della comunità di giostrai a cui apparteneva suo padre, prima di trovare l'anima gemella, convolare a nozze e mettere al mondo 5 bambini, due dei quali già padri a loro volta.
«La nostra attività pastorale consiste principalmente nell'avvicinare la nostra gente per predicare la parola di Dio», prosegue l'uomo, che, scoperta la sua vocazione e compiuti gli studi, si è sistemato a Piacenza nella scuola biblica della sua associazione. «Durante i mesi estivi a turno tutti noi, circa 40 pastori, ci muoviamo cercando di raggiungere le zone dove sono concentrate le nostre comunità e piantiamo la "Tenda del Convegno", un luogo di preghiera e predicazione aperto a tutti, anche ai credenti in altre confessioni o religioni. Un luogo di pace, insomma, come quello che abbiamo organizzato a metà giugno a Mantova, che però purtroppo conosce problemi sempre maggiori: l'autorizzazione per occupare per un certo tempo il suolo pubblico non ci viene infatti concessa con facilità a causa della legislazione vigente, che favorisce solo gli spettacoli viaggianti. Un'attività di questo genere richiede infatti la presenza di tutte le precauzioni per la sicurezza pubblica, come i bagni o la presenza di pompieri. Una circostanza che, se non corretta, riteniamo che configuri una doppia discriminazione, razziale, essendo i Rom e Sinti minoranza non riconosciuta in Italia, e soprattutto religiosa, perchè impedisce di fatto il culto a un'organizzazione come la nostra che, essendo parte delle Assemblee di Dio in Italia riconosciute dallo Stato italiano, avrebbe tutto il diritto di organizzare manifestazioni religiose come queste».
Alla Bicocca di Milano si è svolto un convegno sui Rom.
All'Università Bicocca di Milano il convegno "La condizione giuridica di Rom e Sinti in Italia" ha sviscerato in questi giorni con l'aiuto di esperti internazionali la complessa situazione delle popolazioni Rom e Sinti nel nostro territorio, spesso salite all'onore della cronaca per i numerosi sgomberi dai loro campi di questi mesi. La loro condizione appare infatti molto eterogenea (vi sono cittadini italiani, dell'Unione europea, extracomunitari, rifugiati e apolidi) e precaria dal punto di vista linguistico e culturale. L'obiettivo del convegno è stato formativo, relativo cioé all'aggiornamento sugli strumenti di protezione e tutela dei Rom e Sinti, ma anche di riflessione e proposta sui problemi e modelli legislativi di tutela e protezione di queste minoranze. Detto che la maggior parte di questa popolazione in Italia è ormai stanziale, è emerso in molte relazioni che esiste una vera e propria discriminazione che viene attuata in Italia verso queste popolazioni.
Paolo Bonetti, ad esempio, professore associato di diritto costituzionale alla Bicocca, ha affermato che «nell'attuale pubblicistica la presenza di Rom e Sinti è spesso accostata al tema della sicurezza, cioè dei pericoli per la sicurezza di tutti derivanti da fenomeni di illegalità diffusa o di microcriminalità o di occupazione abusiva di immobili». E ha aggiunto: «Quando una persona non è certa del proprio status giuridico, della propria cittadinanza, della propria abitazione, dell'accesso ai diritti sociali ed è oggetto di discriminazioni, emarginazione lavorativa, stigmatizzazione da parte dei mass media, allora nessuno di coloro che vivono in una società può sentirsi sicuro, perché quella società non è ben organizzata e si contraddicono così i principi fondamentali personalisti che caratterizzano la forma di Stato». In definitiva «una delle principali vie d'uscita sicure da questa situazione criminogena è quella di giungere al più presto all'approvazione di una legge statale che in attuazione dell’art. 6 della Costituzione preveda norme specifiche di riconoscimento, di tutela della minoranza dei Rom e dei Sinti presenti in Italia e azioni positive di inclusione sociale ai sensi dell’art. 3 della Carta fondamentale».
James Goldston è un avvocato americano ormai sulla quarantina e specializzato in diritto internazionale. Da anni è impegnato in pprima personna con la sua organizzazione, la Open Society Justice Initiative di cui è direttore, a tutelare i diritti umani delle minoranze etniche e linguistiche nel mondo e a promuovere lo Stato di diritto laddove le violazioni dei diritti umani sono più evidenti. Processi nei tribunali, istanze all'Onu e alle altre Agenzie collegate, azioni di "advocacy", cioè di pressione sui governi e le altre organizzazioni internazionali, assistenza tecnica alle Ong che si occupano di tutelare queste minoranze. Tutto questo è il suo pane quotidiano. Presente al convegno organizzato dall'Università Bicocca di Milano a metà giugno gli abbiamo rivolto alcune domande.
Avvocato Goldston, come vede la situazione italiana un avvocato che si occupa a livello internazionale di minoranze etniche come i Rom/Sinti?
«Siamo in effetti preoccupati per la situazione della minoranza Rom e Sinti in Italia. Ripetuti episodi di violenza fisica e verbale contro membri di queste comunità e una discriminazione sistematica da parte delle autorità pubbliche verso questi gruppi si aggiungono a un troppo alto livello di tolleranza di questi eventi gravissimi da parte degli esponenti della politica».
- Può citare a quali episodi si riferisce?
«Mi riferisco essenzialmente ai decreti del governo italiano del 2008 sull'emergenza nomadi, alla contemporanea decisione di procedere a una sorta di censimento della popolazione Rom su base etnica e, infine, ad alcune norme del pacchetto sicurezza del 2009 relativo all'introduzione del reato di clandestinità».
- La discriminazione verso i Rom esiste solamente in Italia?
«Certamente no, questa minoranza ha problemi in vari paesi d'Europa dove peraltro esistono legislazioni molto diverse da Stato a Stato. L'Italia tuttavia desta particolari preoccupazioni perché la situazione sta rapidamente deteriorandosi. In altri paesi le organizzazioni non governative e le associazioni di volontariato stanno muovendosi in modo efficace tanto a livello di sensibilizzazione dell'opinione pubblica quanto a livello di procedimenti giurisdizionali da loro intentati contro questo tipo di discriminazioni. In Italia purtroppo questo fenomeno di contrasto non accade perché le organizzazioni non possono beneficiare di un sostegno sufficiente e in definitiva sono quindi poco visibili».
- Quali sono le basi legali europee per contrastare il fenomeno del razzismo a livello nazionale?
«Innanzitutto la direttiva sull'Uguaglianza razziale (2000/43/CE N.d.R.), poi le proibizioni contenute nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo, di cui l’Italia è firmataria; infine le molte prese di posizione ufficiali del Consiglio d'Europa in questa materia, che hanno chiarito che ogni tipo di discriminazione, quindi anche razziale, è contraria alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo».
- Quali sono i tribunali ai quali può rivolgersi chi difende i Rom?
«Esistono varie istanze giurisdizionali a seconda della norma che si ritiene violata. Si può dunque ricorrere tanto alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo quanto alla Corte di Giustizia di Lussemburgo ma anche ai singoli tribunali nazionali. A Strasburgo, ad esempio, è attualmente pendente un processo contro l'Italia in merito ai famosi “respingimenti” in mare che si sono verificati nel corso del 2009».
- L’attività della sua organizzazione, la Open Society Justice Initiative, a chi si rivolge e a quali fini?
«A parte singole azioni legali in rappresentanza di persone discriminate, cerchiamo di promuovere presso alti esponenti dell'Unione europea, principalmente i Commissari, e altre istanze internazionali azioni concrete per sensibilizzarli al problema, soprattutto quando si tratta di prendere ufficialmente posizione contro singole azioni dei governi nazionali in violazione delle norme in materia di non discriminazione. Succede infatti, ed è il caso dell'Italia, che la Commissione dell'Unione Europea per non infierire su uno stato membro dell'Unione non intervenga con la necessaria durezza che il caso richiede».