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lunedì 14 luglio 2025
 
emergenza casa milano
 

Dove crescono gli affitti, non crescono i bambini

16/05/2025  Si leggeva così sul manifesto del presidio organizzato in via Padova 76 a Milano per evitare lo sfratto di una famiglia. Un’intera comunità si è mossa per evitarlo

il presidio
il presidio

Famiglie, insegnanti, educatori del quartiere e della scuola del Parco Trotter a Milano. Erano in tanti davanti al civico 76 di via Padova giovedì 15 maggio per evitare che diventasse esecutivo uno sfratto ai danni della famiglia di O e M. Un presidio partecipato e sentito, numeroso grazie alle telefonate, ai post, alle chiacchiere fuori da scuola. La mobilitazione di un’intera comunità che scende in strada per dimostrare solidarietà e vicinanza. Un bel segnale di luce in un tempo di buio pesto.

«Risultato ottenuto» ci dice Daniela, una mamma della scuola e della classe di uno dei due figli a rischio sfratto. «I consiglieri municipali, comunali e regionali presenti si sono impegnati a seguire la situazione e ad attivarsi per trovare una soluzione abitativa dignitosa e possibilmente nel territorio. Tutto grazie anche al coraggio di questa famiglia nel chiedere aiuto, alla straordinaria solidarietà da parte di altre famiglie e di tutta scuola, e all'attenzione delle realtà del territorio che si sono messe a disposizione! Insieme abbiamo dimostrato che l'emergenza abitativa non è un tabù, che parlando e condividendo possiamo raccogliere e mettere un'energia più forte dei grandi interessi e della speculazione immobiliare!». Una scuola che è lo specchio di quel che sta succedendo nel quartiere e dei processi che stanno subendo le famiglie. «Storie simili ne incontriamo ogni giorno e lo riscontriamo nella composizione delle classi che cambia sempre di più. Ogni anno dobbiamo salutare compagni perché sfrattatati e spostati. Alcuni cambiano completamente quartiere, ma chi non vuole rinunciare alle reti fa il pendolare dai comuni vicini con conseguenze molto pensanti sui bambini stessi: cambio di scuola, alzate mattutine faticose. Sacrifici che i più piccoli non dovrebbero sopportare. Se le famiglie lo fanno è perché trovano nel quartiere e nella scuola un riferimento importante».  

C’è soddisfazione tra chi si è speso per il presidio. «ANDIAMO AVANTI! Nessun venga lasciato indietro» rimbalza sui social del quartiere e di bocca in bocca. «È una cosa inedita» continua Daniela «eravamo tanti, eravamo lì. C’è stata la trattativa con i soggetti del territorio, le istituzioni, gli avvocati delle parti con l’obiettivo di trovare una soluzione migliore. E il rilascio dell’appartamento è stato posticipato all’11 settembre. Da qui ad allora, ovviamente, ci deve essere un’azione costruttiva».

 

Anche Giovanni è un genitore della scuola Ic Cappelli. «Mia figlia è in classe con la bimba che oggi subisce lo sfratto. Ci siamo mossi già al primo avviso, il 15 aprile sull’onda dell’empatia. Ma questa volta eravamo più strutturati grazie anche al sostegno del sindacato Sicet. Siamo riusciti a creare qualcosa di più ampio che coinvolge i temi della città. In primis quello abitativo. Il proprietario ha affittato a questa famiglia per 10 anni senza regolare contratto. Alcuni mesi fa, senza informarli, ha venduto. Quindi il paradosso è che pur avendo sempre pagato, formalmente sono occupanti abusivi. È stato chiesto al nuovo proprietario di dare loro il tempo di trovare una soluzione alternativa. Non si è riusciti con il dialogo, ma solo attraverso la mobilitazione. Gli hanno venduto casa sotto i piedi, hanno la residenza altrove perché sono in nero e quindi formalmente abusivi. Insomma sono doppiamente vittime e risultando “occupanti” non possono accedere alle soluzioni abitative d’emergenza. Tutto questo in un contesto cittadino dove pullulano gli Airb&b che hanno azzerato le case in affitto a lungo termine. Ci sono famiglie che si sono spostate a Lecco per potercela fare con un costo umano e sociale enorme. Qui non si salva più nessuno. Gli affitti, quando ci sono, sono insostenibili anche per due stipendi medi. Eppure siamo nel ghetto, la zona rossa d’Italia».

Rabiaa lo sa bene. Ha un avviso di sfratto per il 30 giugno. «Ci hanno detto di cercare un’altra casa dove andare. Ma noi siamo in quattro e al massimo troviamo un bilocale con una stanza a 1200 euro. Chiedono le buste paga, le garanzie, le caparre… mio marito lavora, ma io sono in prova. Abbiamo due bambini di sette e 12 anni. Al proprietario serva casa perché ci viene ad abitare. Il problema è che io non so dove andare». L’orizzonte ormai per la città di Milano non è nemmeno più l’hinterland ma, dati alla mano, Novara. Chi non ha proprietà di casa non è al sicuro. «Volevamo comprare nel 2015 quando ancora si poteva» continua Rabiaa. «Non ci hanno dato il mutuo perché io faccio la badante. Mi hanno detto “e se poi muore la signora che assiste?”».

Cosa può fare il comune di Milano in questo scenario? Federico Bottelli, presidente della commissione casa, era presente per mediare ed è uscito soddisfatto. «Trattandosi di uno sfratto non abbiamo potuto usare gli strumenti della Regione, ma cercheremo una soluzione attraverso il welfare. Abbiamo ottenuto il rinvio dello sfratto e non è poco. Da qui a settembre troveremo una soluzione». La situazione abitativa a Milano è ormai fuori controllo, con prezzi stellari. «Ma la città ha anche degli anticorpi. Tutto il patrimonio pubblico. 28mila del comune di Milano e 35mila di Aler che rappresentano una risposta consistente. Quasi il 10% delle persone vive in questi alloggi. Più tutto il sistema di enti del terzo settore, cooperative e privato sociale che offrono case a prezzi calmierati da anni. Risposte parcellizzate, ma che ci sono. Il tema è garantire un prezzo giusto ed equo, non basso. Per una città giusta. Quindi con prezzi di affitto più alti per chi guadagna di più e più bassi per chi guadagna meno. Qual è il prezzo giusto? Un affitto che corrisponda al 30% del reddito della famiglia».

E poi ci sono degli strumenti. «Il fondo morosità incolpevole, il contributo affitti, il super affitto giovani che sono in esaurimento perché questo governo ha azzerato il sostegno per esempio alla morosità incolpevole. Senza risorse anche per il comune viene meno la risposta all’emergenza abitativa». Comunque per ora ci si può ritenere soddisfatti: «abbiamo ottenuto un rinvio che è fondamentale. Useremo il tempo al meglio per trovare una soluzione per questa famiglia. La soluzione migliore sarebbe restare nella loro casa».

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