E’ complicata la storia del bambino che a Torino grazie alla decisione della Corte d'Appello avrà - per la prima volta nel nostro Paese – “diritto” a due mamme. In pratica una donna italiana si è fatta prelevare un ovulo che è stato impiantato nell’altra donna spagnola che in un secondo tempo è stata fecondata da un donatore di seme, utilizzato per l’inevitabile, per quanto questo possa essere considerato di troppo da alcuni, apporto maschile.
Le due donne si sono sposate in Spagna e nel frattempo hanno pure divorziato e la mamma italiana è ritornata in Italia. Una storia complicata fatta di rapporti complicati, che certo non saranno risolti da un certificato che lo definisce figlio delle due mamme anche se per ora non verrà trascritto perché i Servizi civici del Comune di Torino hanno chiesto lumi alla Prefettura per avere un parere sulla vicenda da parte del Ministero degli Interni, una “prassi nei casi in cui è necessario approfondire l'interpretazione delle norme, essendo gli enti locali delegati semplicemente a eseguire e applicare le norme di Stato civile".
Le norme dello stato civile, per intenderci, che in Italia prevedono il matrimonio tra un uomo e una donna e l’adozione solo a una coppia sposata… ma la legge da tempo sembra diventata un mera formalità che passa in secondo se non in terzo piano dietro ai desideri delle persone e al “miglior interesse del bambino” che tutti invocano ma molti dimenticano.
La domanda che rimane, tuttavia, è se è giusto che su questa materia così delicata continuino a decidere singoli, che siano giudici o sindaci o ufficiali dell’anagrafe o se il Paese attraverso il Parlamento possa dire la sua. Ad esempio che forse in nome del politically correct si stia togliendo ai bambini qualcosa di elementare come risconoscersi in una mamma e in un papà.