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mercoledì 19 marzo 2025
 
 

Due mesi dopo, effetto Bergoglio

13/05/2013 

Basta anche solo sentire parroci e commercialisti per capire che il vento Bergoglio, a due mesi dall’elezione al soglio pontificio, continua a soffiare. Gli uni alle prese con un aumento delle confessioni «perché quando il Papa ha detto… io ho sentito che», gli altri a firmare i cud con l’8 per mille alla Chiesa cattolica «perché bisogna aiutare papa Francesco».


Che qualcosa era cambiato nel modo della gente di percepire la Chiesa era stato chiaro da subito.
Che l’entusiasmo non calasse nel tempo poteva essere cosa per nulla scontata. Chi abita a San Pietro e dintorni ha fatto ormai l’abitudine ai nastri gialli che il mercoledì e la domenica delimitano strade e marciapiedi e chi deve passare per via Gregorio VII sa che le due grandi arterie che scivolano verso il Cupolone già dal mattino presto sono invase dai pullman dei fedeli. Una cifra che – pioggia o sole che sia – non scende quasi mai al di sotto delle centomila persone al mercoledì e che si raddoppia alla domenica. In attesa delle parole del Papa, che poi commentano allontanandosi dalla piazza.

C’è chi entra nelle chiese vicine alla ricerca di un confessore, chi torna in parrocchia, dopo anni di non frequenza, chi invade – soprattutto la domenica – le librerie cattoliche alla ricerca di libri per approfondire, chi, semplicemente, ascolta. E sorride. Colpiscono le parole chiare, il riferimento costante alla povertà, la denuncia del carrierismo, il richiamo a una Chiesa che deve essere ancorata a Cristo.
Non si fa imprigionare dalle categorie classiche, papa Francesco. Rinnova la Chiesa con gesti di discontinuità – dalla lavanda dei piedi all’essere rimasto a Santa Marta - che segnano però la massima fedeltà a Cristo e al suo Vangelo.
E che spiazzano chi tenta di catalogarlo e di prevederne mosse e decisioni. Il suo metodo pastorale, le sue scelte concrete di vita, la catechesi che propone ai fedeli, lo stesso modo con il quale ha accolto Benedetto XVI in Vaticano, la facilità con la quale mette sul tavolo i problemi – dalla pedofilia alla questione dello Ior – rassicurano i credenti e li spronano a camminare. Papa Francesco, ci ha insegnato in questi due mesi, che si può andare al cuore dei nodi più difficili senza troppi giri di parole. Fedeli al motto evangelico: “sì sì, no no, tutto il resto viene dal maligno”.

Annachiara Valle

L'abbraccio fraterno tra Ratzinger (l'ultimo papa che ha partecipato al Concilio) e Bergoglio (il primo papa che non vi ha preso parte) sigilla la continuità del ministero petrino, al di là dell'evidente discontinuità nel modo di esercitarlo.
E' icona della svolta pastorale di Papa Francesco che si riallaccia a quella del Concilio, sanando l'interruzione degli ultimi decenni. Giovanni XXIII descrisse così la svolta pastorale del Vaticano II: «Sempre la Chiesa si è opposta agli errori; spesso li ha anche condannati con la massima severità. Ora, tuttavia, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi mostrando la validità della sua dottrina, piuttosto che rinnovando condanne».

Parafrasando Papa Giovanni, la svolta pastorale di Papa Francesco si può descrivere così: «Sempre la Chiesa ha confutato con la "filosofia cristiana" le filosofie moderne, sempre ha riaffermato la superiorità dell'etica cristiana su quella laica, sempre ha contrapposto l'"ideologia cattolica" alle altre ideologie politiche. Ora, tuttavia, la Sposa di Cristo, nel mondo secolarizzato e globalizzato, senza negare l'importanza del confronto razionale nella difesa della fede e dei "valori non negoziabili", preferisce tuttavia mostrare la forza "innovatrice" del Vangelo con la testimonianza della vita ».

In altre parole, per far capire il valore della povertà evangelica, una croce di ferro sul petto e le scarpe usate ai piedi servono più di un trattato teologico; per far capire la bellezza dell'amore cristiano, l'esempio del papa che alla vista di un disabile fa fermare la jeep e scende ad abbracciarlo, serve più che imparare a memoria il catechismo. E' la differenza che c'è tra Vangelo vissuto e Vangelo letto.
Vivendo il Vangelo, Francesco non sminuisce affatto l'importanza degli interventi dottrinali del Magistero (come potrebbe?), ma anziché riproporre la verità in termini filosofici e teologici, preferisce testimoniarla attraverso il linguaggio della vita che tutti capiscono. Così, il cammino pastorale di Papa Francesco si riallaccia a quello del Concilio, rimasto a lungo interrotto. Si tratta di passare da una Chiesa autoreferenziale, chiusa nel Tempio e ripiegata su se stessa, a una Chiesa aperta, che esce dal Tempio per andare verso le periferie: non solo quelle geografiche – specifica Papa Francesco –, ma anche quelle esistenziali del peccato, del dolore, dell'ingiustizia, quelle dell'ignoranza e dell'assenza di fede, quelle del pensiero e di ogni forma di miseria.
Dunque, la compresenza in Vaticano del Papa (emerito) Ratzinger e di Papa Bergoglio non solo non produce alcun disorientamento (come qualcuno ha scritto), ma conferma in modo tangibile l'azione dello Spirito Santo che, attraverso la discontinuità nella continuità dell'unico ministero petrino, continua a guidare e a rinnovare la Chiesa.

Bartolomeo Sorge S.J.

Il 13 maggio, giorno in cui la Chiesa festeggia la Madonna di Fatima che il 1917 apparve per la prima volta ai tre pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, è una data che ricorre spesso nella storia dei papi. Pio XII venne eletto pontefice nella Cappella Sistina proprio quel giorno. Paolo VI si recò nella città portoghese in pellegrinaggio nel cinquantesimo anniversario delle apparizioni. Il patriarca di Venezia Albino Luciani, un anno prima di diventare papa, ebbe un incontro con suor Lucia, la veggente di Fatima.
Il 13 maggio 1981, infine, Giovanni Paolo II subisce l’attentato in Piazza San Pietro ad opera di Alì Agca e si salva miracolosamente. Il papa polacco, grande devoto di Maria, attribuisce proprio alla "mano materna" della Madonna la provvidenziale deviazione del proiettile che non colpisce gli organi vitali salvandogli la vita. Nel maggio 2000, infine, sarà lo stesso Wojtyla a rivelare al mondo il contenuto del terzo segreto in cui si parla di un "uomo vestito di bianco" colpito a morte nella visione dei pastorelli. Quell’uomo, secondo il Papa, era proprio lui.

Il 13 maggio di quest’anno papa Francesco festeggia i primi due mesi di pontificato. E proprio in questo giorno a Fatima, durante un pellegrinaggio internazionale a cui partecipa anche l’arcivescovo di Rio de Janeiro monsignor Orani Tempesta, viene consacrato da parte di tutti i vescovi portoghesi il pontificato di Francesco alla Madonna di Fatima.
È una richiesta esplicita che Bergoglio ha fatto al patriarca di Lisbona, il cardinale José Policarpo che lo ha reso noto l'8 aprile scorso durante l’apertura dei lavori della 181° assemblea generale della conferenza episcopale portoghese. Al termine del suo discorso, Policarpo ha spiegato: «Papa Francesco mi ha chiesto due volte che io consacri il suo nuovo ministero a Nostra Signora di Fatima. È un mandato che posso compiere nel silenzio e nella preghiera. Ma sarebbe bello che tutta la conferenza episcopale si associasse alla realizzazione di questa richiesta. Maria ci guidi nei nostri lavori e anche nel dare compimento a questo desiderio di Papa Francesco».

Il pontefice argentino, d’altra parte, è un grande devoto della Vergine. La sua prima uscita ufficiale da pontefice è stata all’indomani dell’elezione quando si è recato a pregare davanti all’icona della Salus Populi Romani nella basilica di Santa Maria Maggiore. Il 4 maggio scorso è tornato di nuovo per recitare il Rosario e aprire solennemente il mese di maggio dedicato a Maria.
Al primo Angelus, infine, riflettendo sulla misericordia di Dio, il Santo Padre ha ricordato la visita della statua pellegrina della Madonna di Fatima in Argentina nel 1992 e la messa che ha celebrato a Buenos Aires per l’occasione. È in questo contesto, ha ricordato, che si è svolta la conversazione con un’anziana signora di 80 anni sulla misericordia di Dio verso i nostri peccati. «Lei, senza aver studiato all'Università Gregoriana», ha scherzato il Papa, «ha risposto che se il Signore non perdona tutto, il mondo non esisterebbe».

Antonio Sanfrancesco

Ha sorpreso tuttiI gesti di papa Francesco sono diventati in poche settimane linguaggio fatto di icone fresche e intrise di senso grazie anche al grande gioco di rimbalzo garantito dai media elettronici. Rispetto a quanto succedeva qualche anno fa, oggi il gesto viene ripetuto, replicato, visto e rivisto grazie alla permanenza all’interno del web.

Il segreto dell’enorme popolarità che papa Francesco ha acquisito così rapidamente, in parte, potrebbe stare proprio qui nel gesto che, grazie all’elettronica, può essere replicato, diffuso e rivissuto all’infinito oltre i limiti che la sola visione in tv o la stampa su carta avevano imposto. Un gesto trasparente dietro il quale si intravede spesso, in filigrana, il vangelo.

Il non verbale diventa simbolo, codificato dai bit, condiviso, inoltrato e rinnovato, un’azione sganciata dall’istante preciso in cui è stata compiuta.

 

L’accelerazione che i media elettronici hanno impresso alla diffusione della figura di papa Francesco è un’altra cifra della modernità di cui non è possibile non tener conto, come pure il senso di prossimità e di partecipazione che è molto cambiato da quando Internet ha iniziato a incidere nei rapporti personali e nelle relazioni.

Jorge Mario Bergoglio è consapevole di una regola base della comunicazione: “troppe informazioni = nessuna informazione”. Così ha semplificato il suo messaggio focalizzando i media sulle sue scelte di vita, sui gesti significativi, su abbigliamento e usi quotidiani, inserendo in omelie e discorsi  espressioni saporite che fanno spesso appello ad immagini evocative e che indicano sempre un oltre, nella consapevolezza di essere un canale più che una calamita.

 

Papa Francesco ha doti comunicative innate, dettate più dalla sua umanità immediata e profonda che dai consigli degli spin doctors. Quanto più uomo autentico e uomo di Dio, tanto più in grado di andare oltre lo schermo, il display, la carta e il rumore di fondo dei social network.

don Marco Sanavio

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