Era nell’aria, ma poco fa è arrivata la conferma: il presidente del Partito Democratico Paolo Gentiloni è stato indicato dal secondo governo Conte come commissario per l’Italia per la nuova Commissione europea presieduta da Ursula von del Leyden. Sarà in lizza con l’ex-ministro per le finanze finlandese Jutta Urpilainen per il portafoglio agli Affari economici, un ruolo pesante, che fu già assegnato nel 2014 al francese Pierre Moscovici. La presidente della Commissione Europea riceverà Gentiloni a Bruxelles già domani.
Con un tweet Gentiloni, dopo l’annuncio della nomina, ha dichiarato: “Amo l’Italia e l’Europa e sono orgoglioso dell’incarico ricevuto. Ora al lavoro per una stagione migliore”.
La scelta di altissimo profilo, una delle prime attuate del nuovo governo giallo-rosso, è letta da molti come un chiaro segnale lanciato a Bruxelles dell’intenzione del premier Conte, già fin dal suo insediamento, di riprendere un dialogo costruttivo con le istituzioni dell’UE dopo un anno e mezzo di attacchi e polemiche accese dal precedente governo a guida Lega-5S, e della volontà del governo di dare all’Europa un’immagine diversa dell’Italia, recuperando i rapporti deteriorati dalla compagine guidata da Salvini e Di Maio e rilanciandone la vocazione europeista.
Romano, 65 anni, sposato dal 1988, senza figli, con quarti di nobiltà in famiglia, essendo discendente dei conti Gentiloni Silveri e di quel Vincenzo Ottorino autore del patto che portò l’ingresso dei cattolici nella vita politica italiana, Gentiloni ha scalato tutti i gradini del cursus honorum politico fino ad approdare nel 2016 alla presidenza del Consiglio dei Ministri, incarico mantenuto fino al a metà del 2018.
Giornalista professionista dal 1990, già portavoce nel 1993 del sindaco di Roma Massimo Rutelli, è stato pure assessore al Giubileo e al Turismo. Nel 2001, con il movimento della Margherita, di cui è cofondatore, è entrato per la prima volta in Parlamento. Da lì una veloce ascesa a ruoli istituzionali sempre più importanti: nel 2006 è ministro delle Comunicazioni, nel secondo governo Prodi. Nuovamente eletto deputato nella XVI e nella XVII legislatura. Nel 2014 entra a far parte del governo Renzi come ministro degli Affari Esteri, e l’11 dicembre dello stesso anno, sostituisce lo stesso Renzi come premier, l’indomani della vittoria dei no al referendum costituzionale. Fa parte del Partito Democratico fin dalla sua nascita (2008) e ne è stato nominato presidente dall’assemblea nazionale su indicazione di Nicola Zingaretti.
Sull’Europa e i migranti ebbe a dire: “Servono un diritto di asilo europeo, un'azione di rimpatrio europea, una polizia di frontiera europea. Senza questo scatto, la conclusione rischia di esere il sacrifcio della libera circolazione delle persone”.
Oggi fa il “paio”, curiosamente, con un altro giornalista, e sempre del Pd, David Sassoli, da poco nominato presidente del Parlamento europeo, nel ricoprire un ruolo importante nelle istituzioni Ue. Quasi una premonizione.