Da qualche settimana c’è
una giovane signora che ci
osserva dalla spazio e continuerà
a farlo per i prossimi
mesi. Non è un’entità
soprannaturale. O forse sì,
perché a guardare quello che è riuscita
a fare in 37 anni di vita qualcosa di
speciale in lei c’è.
È Samantha Cristoforetti
la prima astronauta donna italiana
e la terza in Europa (l’hanno preceduta
la britannica Helen Sharman
nel 1991 e la francese Claudie Haigneré
nel 2001) e il settimo astronauta italiano.
La nostra cosmonauta, per dirla
alla sovietica in omaggio alla base russa
di Baikonur nel Kazakhstan dove la
missione ha avuto inizio, ha salutato
la Terra lo scorso 23 novembre seguita,
forse non quanto merita, dalle nostre
televisioni nazionali e dai network del
resto del mondo.
A bordo di un veicolo
spaziale denominato Sojuz insieme
ai due colleghi (un americano e un
russo) ha raggiunto in meno di sei ore
la Iss, la stazione spaziale internazionale
(una sorta di grande laboratorio
orbitante), dove l’aspettavano altri tre
astronauti. Insieme porteranno avanti
la missione Futura e per circa sei mesi effettueranno importanti ricerche a
400 chilometri dalla Terra.
Unica donna dell’equipaggio sta
mostrando con la sua grinta che, almeno
in questa parte del mondo, nulla è
impossibile per chi nasce femmina.
Basta volerlo. Samantha ha cominciato
a prepararsi per la missione nel
2012.
Noi sappiamo che prima di questi
due anni ci sono i suoi studi, i suoi
sacrifici, la sua volontà e il suo carattere
solare e positivo. Nulla si ottiene
senza sforzo ma le donne sono abituate
sin da bambine a dare il meglio di sé
quando vogliono riuscire in qualcosa.
Nata a Milano e vissuta nello splendido
paese di Malè in Trentino, ha mostrato
sin da giovanissima di che pasta
è fatta. Liceo scientifico a Trento, anno
di studi in Usa come exchange student,
laurea in Ingegneria meccanica all’Università
di Monaco in Germania,
Accademia aeronautica di Pozzuoli
e titoli di pilota di guerra e capitano
dell’Aeronautica italiana, specializzazioni
presso le più importanti scuole
di studi aeronautici e spaziali in Francia
e negli Stati Uniti.
E infine la realizzazione di quello
che un tempo, prima che calciatori e veline avessero la meglio, era il sogno
di tutti i bambini: nel 2009 la selezionano
come astronauta dall’Agenzia
spaziale europea (Esa). Per il momento
parla cinque lingue (italiano,
tedesco, inglese, francese e ovviamente
russo), la seguono su Twitter centinaia
di migliaia di fan e così narra ai
comuni mortali della sua esperienza.
I suoi due compagni di viaggio da
veri gentiluomini, una volta arrivati
a destinazione, le hanno concesso
l’onore di entrare per prima nella Iss.
In questi spazi angusti ha portato
con sé Rodari e Calvino, ha appeso le
calze per Babbo Natale, ha scambiato
complimenti con Zucchero e ha scattato
selfie con i suoi inquilini.
Come in un film di fantascienza
possiamo seguire Samantha grazie
alla modernità dei collegamenti. Più
che per le sue importanti ricerche, di
cui forse non comprendiamo del tutto
il contenuto ma di cui un giorno beneficeremo,
godiamo per la sua simpatia
e la sua semplicità nel raccontare la
routine della vita nello spazio e la vista
dalla Cupola.
La grande finestra della
stazione orbitale che si affaccia
sulla Terra e le fa dire: «Qui su vivo
un torrente di emozioni».
Samantha con la sua stazione spaziale
è passata nei cieli italiani, visibile
a notte a occhio nudo, nei giorni di Natale.
Il suo viaggio sia per noi un buon
auspicio per l’anno nuovo. Ci piace
crederle quando davanti a un microfono,
che a causa dell’assenza della gravità
fluttua nell’aria, dice: «Da quassù
l’Italia è davvero bella... »