La celebre poetessa Vivian Lamarque, già vincitrice del premio Strega Poesia 2023 e di numerosi altri riconoscimenti per le sue opere, è attualmente in libreria con la sua ultima fatica Storia con mare cielo e paura (Salani) dove «con delicatezza, data l’età dei lettori, porto nella scuola, come doveroso, il tema dei bambini che sui barconi rischiano la vita. Protagonista è una bambina, il lieto fine dà speranza». Nella giornata mondiale della Poesia è la nostra interlocutrice ideale per riflettere non tanto di poesia in senso stretto, ma sul rammarico per il fatto che a scuola sembra che stia scomparendo la sana abitudine di imparare e recitare le poesia a memoria.
Che valore ha lo studio a memoria di una poesia come si faceva un tempo?
«È come avere dentro un dimenticato tesoro, una specie di canto muto, che però ogni tanto, richiamato da qualcosa che solo lui sa, improvvisamente si risveglia e in un baleno ci riporta a un ieri lontanissimo, remoto come fosse oggi».
Perché a scuola non si usa più?
«Bei cipressetti cipressetti miei (Crocetti 2023), una raccolta per bambini ma anche per i nonni, i più smemorati forse in “prosa”, ma che nessuno può battere in fatto di memoria poetica, l’ho dedicato “agli audaci Maestri Maestre e Prof che oseranno far di nuovo risuonare le aule di cori poetici, come ai tempi”. E come voi chiedete a me “perché”, così, nella prefazione sono io che io lo chiedo a loro: “... quel grande coro che la scuola colpevolmente ha imbavagliato... perché? Ci dicano almeno un perché; ci sarà tra voi un maestro o una maestra che lo libererà?”. E aggiungo che oltre alle poesie a memoria aiuterebbero molto anche che ci fossero anche lezioni settimanali di musica, specie per i bambini più fragili, quelli come bicchierini di cristallo già dalla vita dolorosamente incrinati».
Quali sono le poesie che lei ha studiato e ricorda ancora con piacere
«Ricordo ancora tanti versi, e così è lo stesso per tutti gli amici miei coetanei (cioè quasi ottantenni, mammamia!), come fossimo ancora con grembiule nero e colletto bianco, timidi accanto alla cattedra della maestra, a recitare aiutati da suggerimenti dei compagni nel collegare tra loro le strofe. Come organini con la manovella. E se devo fare degli esempi allora ecco che mi viene in mente L’albero a cui tendevi la pargoletta mano... Oh Valentino vestito di nuovo... Ei fu siccome immobile... Eran 300 eran giovani e forti.. Il morbo infuria il pan ci manca... Alta solenne vestita di nero...Sette paia di scarpe ho consumate... Che dice la pioggerellina di marzo... Tre casettine dai tetti aguzzi...»
Quali consiglierebbe di insegnare ai bambini di oggi?
«Consiglio sempre il grande Rodari! Il grande e troppo presto andato via Gianni Rodari. E tra le mie, farei scegliere ai bambini tra le Poesie di ghiaccio (Banchi di ghiaccio questa mattina / la penna si è messa la mantellina...) o da Poesie della Buonanotte (Oh come la luna sbadigliava / o come il mondo si addormentava...), però introvabili, o dal ristampato Poesie per un gatto».