“Basta, basta, non possiamo continuare a fare la conta dei morti”. Monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, ha la voce rotta dal pianto, perché di fronte a tragedie così rimane solo il pianto e la rabbia. Si prepara a raggiungere l’isola, dove era già programmata una riunione di tre giorni dei responsabili Caritas delle migrazioni con il direttore di Caritas italiana don Francesco Soddu e con il direttore di Migrantes don Giancarlo Perego.
Il vescovo di Agrigento, che aveva invitato il Papa a Lampedusa, riflette sulla parole di Bergoglio e sulla denuncia della globalizzazione dell’indifferenza lanciata dal Papa dall’isola in mezzo al Mediterraneo: “C’è qualcuno che rimane sordo, c’è un grande affare attorno al dramma delle migrazioni, ci sono muri che non si abbattono e che poi provocano tragedie immani”. Di fronte alle guerre e alla mancanza di libertà e alla fame “bisogna aprire le porte e non aspettare che persone disperate e in mano ai contrabbandieri della morte ci sbattano conto e muoiano in mare”.
Montenegro rimarca la sua “tristezza”, ma anche la sua rabbia: “E adesso? Bisogna inventare qualcosa di nuovo, perché non possiamo continuare ad aspettare che le cose si sistemino da sole in attesa della prossima tragedia, in attesa della prossima lista di morti”.