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venerdì 13 dicembre 2024
 
 

E intanto la Scala (e il Piccolo) reclamano autonomia

17/10/2013  Mentre i biglietti per l'inaugurazione del sette dicembre sono già esauriti, le istituzioni milanesi chiedono sostanziali modifiche alla nuova legge "Valore Cultura": per non limitare l'apporto dei privati e non soffocare la libera iniziativa dei teatri.

Sono già praticamente tutti venduti i biglietti per la Traviata che il 7 dicembre inaugurerà la stagione lirica della Scala di Milano. E questo nonostante il prezzo di un posto in platea sia di 2.400 euro. Restano in vendita solo una cinquantina dei biglietti messi a disposizione dal Comune di Milano che userà il ricavato per finanziare dei progetti di solidarietà come ha già fatto in passato.

Ma il teatro che si prepara ad accogliere Riccardo Chailly come nuovo direttore artistico ha anche urgenti problemi da affrontare, a partire dalla legge Valore Cultura, appena approvata: se non verrà modificata, si annuncia, sarà «crisi irreversibile». Il problema è il possibile limiti all'apporto dei privati: la nuova legge riduce a 7 i membri del Cda (e quindi limita gli ingressi di soci privati) e fissa il tetto per entrare nel board almeno al 5% di quanto versa lo Stato (ora, invece, il tetto è l'8%).

«La Scala ha da diversi anni il bilancio in pareggio - ha spiegato Pisapia - e vuole mantenerlo. Ha la forza per andare avanti però non bisogna mettere degli ostacoli che rischiano di porla in una situazione di crisi irreversibile». «Abbiamo preso in esame e approfondito il decreto, convertito in legge, che per quanto riguarda gli articoli che prendono una serie di provvedimenti negativi per il futuro e il presente della Scala, è stato definito un monstrum giuridico», ha detto il sindaco Pisapia nei giorni scorsi. Un monstrum contro cui, secondo il sindaco, si potrebbe anche fare ricorso alla Corte Costituzionale perché, a differenza delle fondazioni in default, la situazione della Scala non ha nessun carattere d'urgenza e quindi non andava inserita in un decreto legge.

La speranza però è che modifiche «vitali» siano inserite nella legge di stabilità. Lo stesso che si augura il Piccolo Teatro di Milano, anch'esso contrario alla nuova legge, in quanto limita l'autonomia del teatro, equiparandolo a una sorta di ufficio anagrafe, tenuto a rispettare parametri generalizzati.

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