Mio padre ha ormai 88 anni, ma fino a due anni fa era un uomo molto in gamba. Non dimostrava la sua età, era attivo, impegnato in parrocchia e in oratorio praticamente tutti i giorni. Ha risentito molto della pandemia, che in due anni lo ha fatto invecchiare di dieci. Adesso se ne sta tutto il giorno in casa, a letto o in poltrona, accudito da mia madre e da mia sorella che vive con loro; è svogliato e fa fatica quando lo invitiamo a uscire. Anche la sua salute è molto peggiorata: il cuore è molto affaticato, la memoria è labile e tutti i mali della vecchiaia ora sembrano affliggerlo.
I miei figli sono molto legati a lui, specialmente la maggiore che ha 20 anni e va spesso a trovare lui e la nonna. Non si rassegna a vedere il nonno così passivo, e talvolta riesce ad animarlo un po’. Sono contenta che sia così legata ai nonni che l’hanno cresciuta, ma sono anche preoccupata perché non so come potrebbe reagire se il nonno dovesse mancare. Abbiamo provato a parlarne, vista l’età avanzata del papà, ma non vuole sentire questi discorsi. Siccome è una ragazza molto sensibile e già qualche anno fa ha avuto crisi ansiose e attacchi di panico, non vorrei che un domani tornasse a stare male.
VITTORIA
— Cara Vittoria, per una persona così giovane come tua figlia, pensare la vecchiaia e la morte è un compito arduo. C’è in lei incredulità nel suo confrontarsi con il deterioramento del corpo e soprattutto della mente del nonno, di fronte al quale la ragazza non si arrende, anzi, riesce con la sua contagiosa energia a riattivare temporaneamente il nonno. Come se lo riportasse a essere il nonno che a conosciuto da bambina, con cui giocava e che si prendeva cura di lei. Ora è lei che lo accudisce con sensibilità.
Probabilmente si accorge che il nonno non è più la stessa persona di un tempo, così come lei non è più la bambina che era, che il loro legame ha assunto una nuova forma e che questo graduale affievolimento delle energie e delle capacità del nonno è anche per lui fonte di disagio e di un senso di impotenza. Prelude a un distacco, che sarà doloroso sicuramente, ma che la ragazza potrà affrontare se ha dentro di sé le memorie belle della sua crescita accanto a quest’uomo pieno di affetto per lei, ma anche di questi ultimi anni in cui lei gli ha donato il suo tempo e le sue energie giovanili. Se parlare con tua figlia della morte del nonno è difficile, si può parlare del loro rapporto: per esempio, del bene da lei ricevuto e che lei sta restituendo al nonno. Si può parlare degli altri legami che vive nella quotidianità e di quelli che conserva solo nella mente: come tutti i buoni ricordi, essi si colorano di nostalgia, ma anche ci accompagnano tutti i giorni e ci sono di esempio per le altre relazioni.
Penso che questo possa essere il lavoro preparatorio che puoi fare con tua figlia, affinché la morte non vi colga di sorpresa, come un evento definitivo e drammatico, ma sia possibile inserirla in un tessuto di affetti in cui la fine può diventare anche l’inizio di un modo diverso, e più misterioso, di restare uniti.