«Quella che sembrava essere solo un’ipotesi per il futuro», scrive Paolo Rodari su la Repubblica del 15-2-2017, «è divenuta realtà. La diocesi di Bolzano-Bressanone permetterà, di qui in avanti, che a officiare i funerali siano non soltanto preti e diaconi ma anche uomini e donne debitamente preparati». Su questo tema abbiamo chiesto all’esperto.
Già cinque anni fa il vescovo di Bolzano-Bressanone ipotizzava il rito delle esequie guidato da laici. L’argomento è stato recentemente ripreso di fronte alla crescente emergenza costituita dalla scarsità di ministri ordinati. Si prevede, infatti, che nella suddetta diocesi, nei prossimi venti anni, i sacerdoti si ridurranno da 177 a 50. Si è deciso, pertanto, di istituire un corso di formazione per laici capaci di accostarsi al dolore, di preparare e guidare i funerali, quando necessario. Si tratta dell’applicazione di una norma prevista dal Rituale fin dal 1969, dove si legge: «Le esequie nella liturgia della Parola possono essere celebrate dal diacono. Se la necessità pastorale lo esige, la Conferenza episcopale può, con il consenso della Sede apostolica, designare anche un laico» (n. 19). È già prevista, ed è abbastanza diffusa, la prassi di affidare a un ministro laico i riti previsti nella casa del defunto e al cimitero e per la veglia di preghiera. In tanti Paesi europei, dove la scarsità del clero ci ha preceduto, e in terra di missione, già da anni sono i laici, debitamente preparati, che guidano il rito delle esequie. Rito che appartiene al genere delle benedizioni, dove la ministerialità laica è molto ampia. Lo stesso Benedizionale afferma che, oltre ai ministri ordinati e istituiti, «anche altri laici, uomini e donne, in forza del sacerdozio comune, di cui sono stati insigniti nel battesimo e nella confermazione, possono celebrare alcune benedizioni con il rito e il formulario per essi previsto» (n. 18). Ritengo che un certo stupore sia causato dal fatto che, per lungo tempo, i laici siano stati considerati come semplici fruitori di servizi religiosi; e, soprattutto, dal fatto che in questi ultimi cinquant’anni ci siamo abituati a identificare il funerale con la messa. Il che non è affatto corretto, sebbene la celebrazione eucaristica costituisca la più alta forma di suffragio, ma«possono presentarsi situazioni pastorali nelle quali è opportuno, o addirittura doveroso, tralasciare la celebrazione della messa» (Precisazioni Cei n. 2). Giustamente il direttore dell’ufficio pastorale della diocesi di Bolzano ha dichiarato: «Si tratta di un corso che va in avanscoperta; ora vediamo qual è la richiesta e il bisogno effettivo che si ha sul territorio».