Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
mercoledì 30 aprile 2025
 
dossier
 

E ora il Paese rischia un'altra carestia

07/03/2015  Un milione di rifugiati e uno di sfollati interni. L’Ufficio umanitario dell’Unione europea fa quello che può, ma non basta mai

Un milione di rifugiati fuggiti oltre confine, un altro milione di sfollati interni, dei quali quasi la metà intorno a Mogadiscio. Nelle ultime settimane 70 mila nuovi profughi sono affluiti alla periferia della capitale, nella speranza di trovare maggiore sicurezza.
Queste le cifre del disastro somalo, che appare ancora più chiaro se si pensa agli abitanti totali del Paese: poco meno di 11 milioni. I dati li snocciola Lars Oberhaus, responsabile di Echo (l’Ufficio umanitario dell’Unione europea) per la Somalia. Dopo la carestia che due anni fa ha ucciso 250 mila persone, ora se ne profila un’altra. In un Paese in guerra civile da quasi 24 anni, basta un’annata di piogge un po’ più scarse per precipitare il Paese nell’emergenza. «Interveniamo dove c’è crisi acuta», spiega Oberhaus, «ovunque veniamo a sapere che c’è un gruppo vulnerabile. E cerchiamo di dare un aiuto integrato: cibo, acqua, beni di prima necessità, ma anche sanità e farmaci».

Il conflitto è a macchia di leopardo. Vi sono zone controllate dagli Shabab e altre dal Governo, sostenuto dai caschi blu africani. Dove si combatte, la gente fugge e perlopiù viene verso la capitale. La denutrizione grave è concentrata nel Centrosud, nella cosiddetta Somalia italiana, molto meno nel Nordest del Paese. «Echo», continua il funzionario europeo, «concentra i propri sforzi su un progetto speciale, dedicato all’infanzia: Children of peace, bambini di pace, al quale sono stati destinati 70 milioni di euro, con cui opera anche il Cesvi, l’organizzazione non governativa di Bergamo.
Con la nuova emergenza in arrivo le risorse non basteranno». «Nei 4 centri di Mogadiscio», aggiunge Pietro Fiore, il coordinatore, «riusciamo ad accogliere 300-350 bambini al mese. Ma la situazione di insicurezza rende tutto difficile: degli otto centri previsti soltanto sei riescono a essere operativi nel Paese».

Per sostenere l’impegno del Cesvi si può donare sul sito www.cesvi.org, oppure al numero verde 800.036.036

Multimedia
Donne (e ragazze) di Mogadiscio
Correlati
Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo