«Siete voi donne che potete salvare la Chiesa, aiutarla a respirare un’aria nuova, perché siete più libere nei confronti del potere. Con la vostra forza vitale, con il vostro amore materno, con il coraggio di rimanere là dove tutti scappano, l’aiuterete a ritrovare una rinnovata fedeltà allo spirito del suo fondatore», ha detto un grande vescovo, Raffaele Nogaro.
Sì, la donna oggi può contribuire in modo decisivo a un rinnovamento profondo e radicale della Chiesa. Scrisse nel 2004, l’allora cardinale Joseph Ratzinger: «Si deve accogliere la testimonianza resa dalla vita delle donne come rivelazione di valori senza i quali l’umanità si chiuderebbe nell’autosufficienza,nei sogni di potere e nel dramma della violenza». Cristo affidò a una donna, a Maria di Magdala, l’annuncio della sua Risurrezione.Il terreno è pronto perché i rapporti fra le donne e la Chiesa divengano una priorità al fine di affidare alle donne ruoli autorevoli nella vita ecclesiale.Perché la loro specifica esperienza quotidiana di Dio sia posta al centro della comunità dei credenti. Un Sinodo delle donne, richiesto da più parti, da laiche e religiose, sarebbe un salto epocale di risonanza mondiale.
La valorizzazione dei laici è strettamente collegata a questa priorità.
Continuano a essere una presenza apprezzata,ma tenuta ai margini,
raramente coinvolta in un confronto che abbatta le barriere e riconosca
responsabilità condivise, scelte comuni. «I laici sono i discepoli
scelti da Dio per aiutare la Chiesa a rimanere lontana dal potere e
vicina agli ultimi. Non esistono paletti e regole da rispettare per
amarLo e non sono quattro mura che possano diventare esclusive
dell’amore di Dio». Sono ancora parole del vescovo sopra citato dalle
quali ripartire per celebrare quella autentica comunione fra laici e
mondo ecclesiastico che arricchisce reciprocamente.Aiuta Dio a
manifestarsi fra gli uomini sul sagrato delle chiese.
Una terza priorità è quella delle istituzioni religiose che devono
trovare il coraggio di non sacrificare le persone, il loro stesso
carisma, al mantenimento di strutture, divenute così pesanti e obsolete
da spegnere il vento dello Spirito. Di non chiudersi in un’asfittica
autoconservazione,ma di aprirsi alle richieste dei tempi per offrire una
coabitazione con il Cristo che non ha casa, potere e privilegi. Di
spogliarsi di tutto per potersi «sporcare le mani» con la gente e fra la
gente.
Mariapia Bonanate,
giornalista e scrittrice
Credo che una delle perle consegnate da papa Ratzinger alla Chiesa con la sua rinuncia sia stata l’aver messo in evidenza il primato di Dio e sottolineato che la storia è guidata da Lui. Appare implicito l’invito a cogliere i segni dei tempi e a rispondervi con scelte coraggiose e innovative,seppur sofferte, con speranza e sano ottimismo per «la certezza che la Chiesa è di Cristo». Queste sono per me le priorità di questo momento storico.Apertura alla società contemporanea.Il Concilio ci fa da bussola quando afferma che «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi»sono «quelle dei discepoli di Cristo».
La Chiesa è per il mondo. Per questo penso che, di fronte alle esigenze di riforma della sua struttura interna, la Chiesa debba anzitutto guardare fuori di sé,intensificando il dialogo con la società. Dal contatto vitale con essa la Chiesa troverà nuove risorse e vitalità per riformarsi al suo interno. Tale dialogo, mentre le permetterà di far sentire la sua voce chiara, nella fedeltà al Vangelo, la porterà ad ascoltare le istanze degli uomini e delle donne di questo tempo, anche di chi la pensa diversamente. Ne verrà una Chiesa più sobria nel possesso di beni, nelle espressioni liturgiche e nelle sue manifestazioni. Una Chiesa più vicina a giovani e adulti, più capace di comunicare.Incremento del dialogo.
Serve, mi sembra, mettere un’attenzione particolare al grande tema dell’unione visibile tra le Chiese. Da qui l’impegno a realizzare passi concreti per arrivare a definizioni della fede e della prassi ecclesiale accettabili da tutti i cristiani. Inoltre occorre continuare a trovare forme e luoghi atti a intensificare l’incontro e il dialogo tra fedeli di religioni diverse, enorme risorsa per la pace e la coesione sociale. Una Chiesa più “comunione”.
Si avverte la necessità di «riconoscersi popolo di Dio», insieme, portatori ognuno di doni da offrire reciprocamente agli altri. Un obiettivo che invita noi cattolici a praticare maggior fiducia, amicizia e unità. Auspico che la Chiesa divenga così più ricca di Vangelo, capace di farsi casa per chiunque. Ciò richiede un esercizio più collegiale dei ministeri, come pure un maggior coinvolgimento dei laici, uomini e soprattutto donne, nel pensare e nell’agire della Chiesa, che portino stimoli creativi nell’economia, nella politica, nella comunicazione e negli altri ambiti della vita umana.
Maria Voce,
presidente
del Movimento
dei Focolari
Anch’io, come tante altre persone, sogno in questo momento una Chiesa che si metta in questione e che si rinnovi, cercando vie nuove per incontrare ogni persona creata e amata da Dio. Una Chiesa capace di offrire il dono di una parola, di una vicinanza, di un conforto perché nessuno si senta solo, escluso o smarrito, ma parte di una grande famiglia.
La Chiesa che vorrei dovrebbe essere sempre più concepita come comunità di servizio, dove i pastori abbiano il coraggio di indossare il grembiule della ferialità e non solo i paramenti liturgici delle solennità, simbolo di un’autorità che serve, ascolta, partecipa, cerca e accoglie soprattutto gli ultimi e gli esclusi,gli emarginati e i disperati.
Sogno una Chiesa pellegrina sulle strade del mondo per incontrare, come Cristo, i poveri di oggi e annunciare che il Regno di Dio appartiene proprio a loro.Sogno una Chiesa che sappia fare scelte coraggiose e che non abbia paura di incontrare gente di ogni razza e lingua, uomini e donne che nella vita quotidiana incarnano la novità evangelica.
I laici sono la grande ricchezza che la Chiesa ha bisogno di riscoprire e valorizzare giacché ogni credente
è parte di una «stirpe eletta,sacerdozio regale, nazione santa»
(1Pt2,9). E sogno una Chiesa che sia capace di accogliere e valorizzare
la presenza e le capacità delle donne a tutti i livelli: nella
formazione dei giovani sacerdoti, nei consigli presbiterali, nei luoghi
di pensiero, di responsabilità e di servizio, iniziando dall’uso di un
linguaggio inclusivo.
Chi più della donna potrebbe aiutarci a capire il significato di una “Chiesa come Madre”,
lei che per vocazione emissione è chiamata a essere genitrice e
portatrice di vita? Solo così potrebbe presentarsi davvero con un volto
di Madre per un’umanità nuova come Cristo l’ha pensata e voluta. Da
molti anni, lamia vita missionaria è ricca di contatti e di impegni in
favore di tante persone,specialmente donne, con le loro aspirazioni e le
loro rivendicazioni, con il loro desiderio di essere maggiormente
valorizzate nel tessuto sociale e familiare, di governo e di Chiesa.
Più volte mi sono chiesta quali potrebbero essere le conseguenze e
l’impatto di un Sinodo speciale «sulla donna, per la donna e con la
donna». Non potrebbe cominciare da qui l’inizio di un vero cammino di cambiamento?
Suor Eugenia Bonetti,
Missionaria della Consolata,
responsabile
dell'Ufficio tratta dell'Usmi
La ragione addotta da Benedetto XVI per spiegare perché ha lasciato il ministero petrino mi ha positivamente colpito: «Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio...». Una decisione che ha sfidato la tradizione di secoli viene assunta davanti alla coscienza e a Dio, non dopo tavoli di consultazione, né in considerazione di eventuali illazioni o pronostici sull’effetto che avrebbe potuto suscitare dentro e fuori dalla Chiesa.
Benedetto XVI è studioso e fine teologo; la ricerca della Verità ha avuto un posto importante nelle sue riflessioni e nei suoi scritti. Eppure, al momento di una decisione tanto importante, non è alla dottrina che si appella ma alla sua coscienza di fronte a Dio. La Verità “teorica”cercata con passione è emersa al momento cruciale con un giudizio di verità su sé stesso indicativo di grande saggezza.Nel momento di grande confusione e nebbia di valori un programma serio e profondo attende la Chiesa: il primato delle coscienze, da formare nutrendole con la parola di Dio. Viva e dinamica com’è, la Parola trova la sua massima pienezza se interpretata guardando alla storia, leggendo i segni dei tempi.
La crisi che pervade oggi tutte le istituzioni è fondamentalmente antropologica; riguarda l’attenzione alla persona. La
Chiesa “cattolica”, cioè universale, scorge i suoi membri confrontarsi
con una realtà sociale che vede vivere insieme uomini e donne
provenienti da mondi lontani. Il confronto è vivo e costante, pone
problemi che devono essere affrontati. Il profondo cambiamento in atto
fa traballare le istituzioni tradizionali nelle quali la persona si
realizza: famiglia e matrimonio, scuola ed educazione, economia e
mercato, giustizia e Governo necessitano di una parola di sapienza alla
quale attingere.
Una parola guida che si radica nel Vangelo e si spande sulla storia,
che accompagna le decisioni personali nel difficile lavoro di
elaborazione a tutti i livelli. Decisioni che nascono, ovviamente,
dalla coscienza formata alla responsabilità personale davanti a Dio e
agli uomini. La nebbia di senso nella quale siamo avvolti esige questa
parola di saggezza spronante a formare coscienze responsabili e libere.
La Chiesa, scuola di umanità (si diceva), possa riprendere vigoria
attraverso gli insegnamenti del nuovo Papa.
Suor Giuliana Galli,
religiosa del Cottolengo,
consigliera
della Compagnia
di San Paolo