Forse è solo un sogno. Ma le Olimpiadi di Rio potrebbero aiutarci a riproporre quei valori cari al barone di Coubertin, il francese Pierre de Frédy, che lo spinsero ad impegnarsi in prima persona per ripristinare in forma moderna quella “festa sportiva” che si teneva nella Grecia Antica. Dal 776 a.C., infatti, ad Olimpia si affermò un evento sportivo locale che negli anni acquistò importanza in tutta la penisola, passando da una singola gara di corsa a competizioni in diversi sport che richiedevano più giorni per il loro svolgimento. Probabilmente anche il valore religioso assunto dai Giochi, si svolgevano in onore di Zeus, contribuì a creare l’usanza della sospensione delle guerre in tutta la Grecia per tutta la durata delle gare: questo “time out antico” era chiamato Tregua Olimpica.
Con l’avanzare dell’Impero Romano nella penisola greca e l’adozione del Cristianesimo a religione ufficiale dell’Impero, i Giochi Olimpici vennero sempre più additati come un’inutile evento pagano e persero importanza finché nel 393 d.C. l’imperatore Teodosio I ne ordinò la cancellazione definitiva. Nell’ultimo decennio del XIX secolo il barone de Coubertin, dopo uno scrupoloso paragone dei sistemi scolastici francese, inglese e tedesco e un’attenta analisi dei motivi della debolezza fisica e motivazionale dei suoi giovani connazionali, espose le sue intuizioni sull’errata educazione fisica scolastica e sull’assenza di associazioni sportive da accostare agli insegnamenti disciplinari. Partendo da queste convinzioni e dalla volontà di far conoscere i giovani di nazioni diverse in manifestazioni sportive e non in scontri bellici, nel 1894, durante un congresso tenutosi all’università Sorbona di Parigi a cui parteciparono settantanove delegati di dodici paesi, propose di riorganizzare i Giochi Olimpici dell’Antica Grecia.
Due anni dopo ad Atene ci fu la prima edizione dei Giochi Olimpici Moderni sotto la supervisione del neo-nato Comitato Olimpico Internazionale (CIO) che, da allora, ha il fine di promuovere lo sport per tutti e di vigilare sull’organizzazione e sul corretto svolgimento delle gare. I Giochi di Rio 2016 riscoprono il desiderio di de Coubertin di competizioni sportive per avvicinare le nazioni e quegli insegnamenti di rispetto reciproco, cura per il corpo e promozione della pace tra i popoli. E' lecito sognare che intenti si concretizzino a partire dalla decisione del CIO di ammettere, per la prima volta, una nazionale di “Refugee Olympic Athlets” formata da 10 ginnasti scelti tra 43 candidati, che sta gareggiando sotto la bandiera olimpica dei 5 cerchi colorati intrecciati su sfondo bianco il cui significato è quello dell'universalità dello spirito olimpico, e in una risoluzione internazionale, sottoscritta da 180 Stati su 193 facenti parte dell’ONU, affinché la Tregua Olimpica diventi realtà da fine luglio.
Contrariamente a quanto si auspicava il barone de Coubertin, i Giochi Olimpici Moderni non riportarono la Tregua Olimpica, né, tanto meno, limitarono le guerre; citiamo ad esempio le due guerre mondiali che nel 1916, nel 1940 e nel 1944 ne impedirono lo svolgimento. All’inizio degli anni Novanta il CIO e l’ONU chiesero ufficialmente, senza un riscontro concreto, alla comunità internazionale di osservare la Tregua Olimpica sia per le edizioni estive sia per quelle invernali, ma solo nell’ottobre 2015 si è giunti alla firma dell’accordo già citato. Con questi buoni propositi è lecito sognare la pace a partire proprio dai Giochi, magari già per la prossima edizione.