In un territorio come quello di Napoli non è facile provare a dare ai ragazzi finiti in un carcere minorile una seconda possibilità. Ci vuole tenacia, passione, amore e carità cristiana. Caratteristiche che animano l’opera di don Gennaro Pagano, cappellano del carcere minorile di Nisida e direttore della Cittadella dell’inclusione che si trova a Quarto, nella diocesi di Pozzuoli. È l’insieme di una serie di comunità rivolte ai giovani. Tra di esse Casa papa Francesco, che accoglie i ragazzi che hanno finito di scontare la loro pena o quelli che terminano la carcerazione proprio in questa struttura. Attualmente gli ospiti sono 9, tutti maschi, e vanno dai 15 ai 21 anni. È stata voluta dalla Fondazione Regina Pacis su input del vescovo Gennaro Pascarella per dare un segno concreto di carità educativa, con la Chiesa in prima linea nel recupero di soggetti così fragili.
«Prima seguiamo i ragazzi all’interno del carcere», spiega don Gennaro Pagano, «e per coloro che hanno dato segni concreti di voler riscattare la propria vita chiediamo l’affido al magistrato. La nostra azione è fondata sul metodo psico-educativo Integra, cerchiamo cioè di favorire l’integrazione dei ragazzi nel tessuto sociale e lavorativo. In particolare il nostro vescovo ha fatto una scelta unica in Italia: ha affidato ai ragazzi di Nisida la gestione culturale del Museo diocesano e della cattedrale di Pozzuoli». Si tratta, quest’ultima, di un luogo di grande valore, poiché ingloba un tempio augusteo rimasto integro e rappresenta uno dei maggiori poli di attrazione della zona Flegrea. «Oltre a insegnare ai ragazzi dei valori», continua don Gennaro, «è importante dare loro delle possibilità concrete, perché se attorno a loro trovano il vuoto è facile che vengano di nuovo ingaggiati dalla criminalità». E ci sono tante storie a lieto fine, ragazzi che riprendono a studiare, che trovano lavoro nella ristorazione, come artigiani e operai. Alcuni si iscrivono anche all’Università. «Il primo ragazzo che abbiamo accolto», ricorda don Pagano, «era originario di Palermo, dal quartiere Brancaccio dove operava don Pino Puglisi. Poi, dopo essere finito in carcere, era stato trasferito a Nisida. Qui da noi ha fatto un bel percorso e ora si occupa della manutenzione di tutta la Cittadella e si prende carico anche degli altri ragazzi». Il legame tra la comunità di recupero e il Papa va ben oltre il nome. La comunità era appena nata quando Bergoglio fu eletto al soglio pontificio.
Pochi giorni dopo il suo insediamento si rese protagonista di un gesto fortemente simbolico: in visita al carcere minorile di Roma Casal del Marmo lavò i piedi ai detenuti. «Fu il primo di uno dei tanti messaggi del Papa rivolti verso gli ultimi, indicando alla Chiesa di andare nelle periferie esistenziali. Decidemmo così di chiamarci Casa papa Francesco e per un curioso segno del destino, Meti, uno di quei ragazzi a cui il Papa aveva lavato i piedi, è stato ospite della nostra comunità». Nel 2018 don Gennaro Pagano ha portato i ragazzi in udienza da papa Francesco, consegnandogli una lettera per spiegare bene il loro impegno: «Dopo un paio di ore da quell’incontro così emozionante, il Papa mi ha telefonato per complimentarsi del nostro coraggio dicendo “è un bene che la Chiesa ci sia in questa realtà marginale”. Per me, per tutti noi, è stata una delle benedizioni più belle». C’è un collegamento tra l’opera di don Gennaro Pagano e la serie tv Mare fuori: il gruppo degli attori è andato in visita a Nisida per rendersi conto della vita all’interno della struttura penitenziaria. «E abbaimo visto la fiction», conclude don Gennaro, «insieme con i nostri ragazzi».