La grande querelle che ha terremotato il mondo della scuola e la quotidianità delle famiglie dei ragazzi delle medie è in via di soluzione. Presto una legge dirà che a quell’età saranno i genitori a decidere se il figlio è pronto o meno per tornare da scuola da solo.
L’emendamento del Decreto Legge fiscale, che consentirà di qui in poi ai genitori di assumersi da soli la decisione di lasciar tornare da scuola non accompagnati ragazzi delle medie, ha avuto l’ok della Commissione Bilancio del Senato. Non è ancora l’approvazione ma siamo sulla buona strada. Vediamo che cosa dice: «I genitori esercenti la responsabilità genitoriale, i tutori e i soggetti affidatari dei minori di 14 anni – recita l’emendamento – possono autorizzare le istituzioni del sistema nazionale di istruzione a consentire l’uscita autonoma al termine del l’orario delle lezioni. L’autorizzazione esonera il personale scolastico dalla responsabilità connessa all’adempimento dell’obbligo di vigilanza».
Ma come siamo arrivati fin qui, a regolare con una legge ad hoc una questione che da sempre si regolava ad altri livelli?
È una storia neanche tanto lunga, che però nasconde una questione più profonda e più lunga. Ma andiamo con ordine. Tutto è cominciato nel settembre scorso con il deposito di un’ordinanza della Cassazione civile che respingeva un ricorso di scuola e ministero contro un risarcimento dovuto a seguito di un caso concreto di parecchi anni fa. Un bambino di 11 anni era finito sotto lo scuolabus davanti alla scuola e istituto e Miur erano stati chiamati a risarcire, perché riconosciuti responsabili di una mancata vigilanza.
L’ordinanza della Cassazione fondava la decisione su un paio di articoli del regolamento di istitituto in cui la scuola si impegnava a vigilare fino al momento in cui i ragazzi non fossero stati affidati a un adulto o non fossero saliti sul pulmino. Tenendo conto che il regolamento ha valore di contratto tra scuola e famiglia, la Corte ha ritenuto che nel caso trattato il contratto non fosse stato rispettato. A margine di questo la Corte aveva ricordato che un minore di 14 anni non può essere ritenuto responsabile ad alcun titolo e che quindi in caso di «potenziale pericolo» può configurarsi l’abbandono di minore.
Tutto questo non significava che le scuole fossero automaticamente responsabili di ciò che accadeva fuori dai cancelli, ma il pericolo che, valutando caso per caso, la vicenda trattata nell’ordinanza potesse ripetersi, ha indotto moltissimi dirigenti scolastici a cautelarsi emanando all’avvio dell’anno scolastico circolari in cui si vietava ai ragazzi delle medie inferiori di uscire soli da scuola, imponendo la presenza di un adulto cui affidarli.
Colpa di un’interpretazione più “papista del papa”, più restrittiva del necessario da parte dei dirigenti? Forse, anche a causa della prima informazione sul tema, che all'inizio ha omesso di ricordare che nel caso della scuola tenuta a risarcire c’era un preciso impegno in regolamento di istituto. Di lì un intervento della ministra dell’istruzione Valeria Fedeli, che sentite le valutazioni dell’ufficio legale, concludeva che il rischio di responsabilità della scuola esisteva in caso di disgrazia e invitava i genitori ad andare a prendere i figli, eventualmente coinvolgendo nonni.
Risultato: un putiferio nelle scuole e nelle case, con i genitori costretti a organizzarsi per recuperare in pieno orario di lavoro più figli in scuole diverse (elementari e medie) a ore diverse e insegnanti e personale amministrativo delle scuole costretti a organizzarsi per attendere i genitori.
A quel punto è intervenuto il Parlamento con l’emendamento Pd in corso di approvazione al decreto legislativo fiscale, ultima spiaggia per approvare qualcosa in tempo utile: una norma ad hoc per regolamentare il problema e riportare la vita di scuole e famiglie alla normalità.
Riassunte le puntate resta la domanda grande: come siamo arrivati fin qui, ad aver bisogno di una legge anche anche per questo? Ci siamo arrivati facendo saltare la preziosa alleanza educativa tra scuole e famiglie, ci siamo arrivati garazie all'atteggiamento di una società che spinge a risolvere in tribunale tutte le questioni, ci siamo arrivati con la denuncia facile alle scuole (ma vale anche per gli ospedali).
Ovvio che in questo contesto la preoccupazione educativa rischi di flettere davanti alla preoccupazione di avere le carte in regola davanti al giudice. Non è positivo, dato che parliamo di scuola dove la sostanza dell’educazione dovrebbe essere sempre al centro. Ce lo siamo un po’ voluto, agitando troppo spesso la minaccia del ricorso per questioni che si potrebbero risolvere ragionando e sforzandosi di recuperare – nel rispetto reciproco - quell’alleanza saltata da tempo.