Nessuno si sognerebbe di pensare che la finale mondiale conquistata dall’Italia delle ragazze della pallavolo in Giappone vincendo tutte le partite tranne una non sia un successo di gruppo. La pallavolo è il più democratico degli sport di squadra: un tocco e uno solo per ciascuno e una sequenza di colpi concatenati. Ma sarebbe intellettualmente disonesto negare che Paola Egonu abbia dato a questa Italia il valore aggiunto di un coraggio da leone nel mettere a terra anche i palloni emotivamente al cardiopalma, in set ipercombattuti all’ultimo punto, quando metterli giù fa la differenza tra vincere e perdere, come, invece, qualche leone da tastiera sta provando a fare sui social insinuando che l'opposta azzurra, nata a Cittadella (Padova), stia facendo più notizia soprattutto per le sue origini nigeriane.
A 19 anni non è scontato non tremare dentro quando ti stai giocando la finale mondiale all’ultimo punto del tie break e mettere un ace e dopo una schiacciata. E non è scontato a nessuna età, lasciarsi subito alle spalle ogni punto perso e rimediare nel successivo e fare il record mondiale dei punti in partita, come ha fatto Paola nella semifinale contro la Cina, battendo con 45 punti segnati in un solo match un primato che stava lì dal Mondiale 2006 e diventando l’attaccante più efficace del Mondiale 2018, qualunque cosa succeda in finale perché la più vicina a lei, l’olandese Lonneke Sloetjes ha un distacco di 30 punti, troppi per una sola partita.
Paola Egonu sta facendo notizia perché è la rivelazione della pallavolo mondiale e al momento sulla faccia della terra non c’è nessun’altra che sta giocando come lei. Punto. Il resto sono chiacchiere e stanno a zero. E non hanno niente a che vedere con il fatto, ovvio, che se Paola può giocare come gioca è anche perché Monica De Gennaro tira su palloni anche dal sottosuolo in difesa, perché Carlotta Cambi e Ofelia Malinov alzano giocabili anche le ricezioni più difficili, perché Mytiam Sylla, Anna Danesi, Lucia Bosetti e capitan Chirichella murano meglio della muraglia cinese e danno il cambio in attacco, perché le riserve fanno il loro quando serve e perché Ct Mazzanti deve aver lavorato benissimo sulla testa di questa squadra che non molla un pallone che è uno. Sono tutte cose chiarissime a chi abbia mai visto una partita di pallavolo. Ma poi, all’ultimo, serve sempre un braccio che non deve tremare per finalizzare e quel braccio in questo Mondiale è stato inequivocabilmente per 291 volte il braccio di Paola Egonu. Tutto qui, scusate se è poco.