Pechino. La parata militare con cui il Governo cinese, il 3 settembre 2015, ha celebrato il settantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. Foto Reuters. In alto: una fabbrica di carri armati in Indonesia. Foto Reuters. In copertina: una cerimonia militare in Giordania il 4 aprile 2016. Foto Ansa.
Invertendo un trend in discesa che durava dal 2011, le spese militari nel mondo sono tornate a crescere. Nel 2015 l'incremento è stato dell’1% rispetto a quanto investito per rifornire gli arsenali nel 2014. L'anno scorso, il volume complessivo degli affari è risultato essere di circa 1700 miliardi di dollari (per la precisione: 1676 miliardi), pari 2,3% del prodotto interno lordo mondiale. E’ quanto emerge dal rapporto diffuso dal Sipri (Stockholm international peace research institute), l'autorevole centro di ricerche svedese specializzato in questo settore. La crescita è consistente in Asia e Oceania, nell’Europa centrale e in Medio Oriente.
Pur avendo ridotto il budget del 2%, gli Stati Uniti d'Anerica rimangono al primo posto con un business di 596 miliardi di dollari. La Cina ha speso 215 miliardi, con un aumento del 7,4%; l’Arabia Saudita segna una crescita del 5,7% con 87,2 miliardi, prendendo il terzo posto nella classifica, davanti alla Russia, la cui crescita è stata del 7,5% con 66,4 miliardi. Il Sipri fa notare che ad influenzare i dati vi sono due fattori: il primo è legato alle situazioni di tensione in Est Europa, in Medio oriente, nel Mar Cinese meridionale; il secondo è il prezzo del petrolio che dal 2014 è sceso riducendo gli utili per molti Paesi produttori. A causa dell’abbassamento del prezzo del greggio, in modo vistoso hanno ridotto le spese militari il Venezuela (meno 64%) e l’Angola (meno 42%), ma vi sono anche riduzioni in Bahrain, Brunei, Kazakhstan e Sud Sudan.