Dopo aver subito per anni violenze fisiche e psicologiche, Bo Guerreschi ha fondato Bon’t Worry Onlus, associazione in difesa delle donne. Economista nata in Italia, con una lunga esperienza lavorativa in Inghilterra e negli Stati Uniti, ora cinquantenne, dopo la separazione dal marito violento, con la figlia ha dovuto cambiare in continuazione città e identità per sfuggire ai delinquenti mandati dall'uomo che più volte l'hanno picchiata e le hanno puntato una pistola in faccia . Sulla sua vicenda la donna ha anche scritto un libro intitolato “Bo(h). Non si deve sempre morire per essere ascoltate” pubblicato lo scorso anno.
L’associazione Bon’t Worry intende aiutare concretamente donne e bambini che per motivi economici non possono o non riescono a difendersi, mettendo a disposizione una rete di professionisti competenti: avvocati, medici, psichiatri, psicologi e forze dell’ordine e il numero verde 800 10 1414. Il fenomeno del femminicidio è inarrestabile: dall’inizio del 2016 si sono già verificati 32 casi e nel 2015 le donne uccise in Italia sono state 128. Secondo l’ISTAT sono quasi 7 milioni (20%) le donne che, nel corso della loro vita, hanno subito violenza fisica o sessuale.
In pochi mesi la neonata associazione si è occupata di 30 casi. “Le donne con cui ho condiviso la mia esperienza - dichiara Bo Guerreschi - si vergognano di quello che sta capitando loro, si sentono talmente responsabili, colpevoli al punto da chiedere sempre scusa. Oltre che per paura di ripercussioni spesso le donne non denunciano perché dipendono economicamente dai loro uomini violenti. A volte anche la denuncia non basta, fin troppe vicende vengono archiviate. Nel mio caso, come in altri sei presi in carico dall’associazione, sono spariti o fatti sparire i fascicoli di anni”.
La Polizia di Stato, che ha spesso collaborato con Bon’t Worry, sostiene che “Nella maggior parte delle volte le molestie (e/o abusi) vengono perpetrate da persone conosciute, prevalentemente all’interno del nucleo familiare - sostiene il Dottor Flavio Tuzi, Presidente Nazionale del Sindacato ANIP – Italia Sicura della Polizia di Stato - mentre gli stupri sono quasi tutti attribuibili a sconosciuti, più raramente al partner attuale o precedente”. Quando una donna subisce violenza sono tante le ripercussioni sulla sua vita e su quella dei figli. “L’Organizzazione Mondiale della Sanità – afferma il Dottor Gaetano Giordano, psicoterapeuta dell’Associazione - ci dice che le donne violentate hanno il doppio delle possibilità di soffrire di depressione o di fare abuso di alcolici. Un’altra sfera gravemente danneggiata è quella della gravidanza: le possibilità di vivere il dramma dell’aborto raddoppia e le probabilità di partorire neonati sottopeso sale del 16%”.
“E’ importante che le vittime di reati di violenza conoscano bene gli aspetti giudiziali – dichiara l’Avvocato Licia D’Amico, difensore Onlus nelle costituzioni di parte civile - per poter decidere con consapevolezza la via migliore da percorrere, programmando tempi e tipo di azione. In questo modo sarà possibile mettere in atto un ‘piano di sicurezza’, fondamentale per la propria incolumità. Denuncia, querela e ogni altra forma pubblica di reazione alla violenza sono strumenti preziosi e fondamentali, ma è importante anche il ruolo delle Istituzioni che devono aiutare e intervenire, rispettando sempre la situazione reale delle vittime”. L’associazione è in prima linea affinché si faccia una legge “organica” di protezione delle vittime perché sebbene esista la Convenzione di Istanbul del 2014, ratificata da 13 Nazioni dell’Unione Europea, Italia compresa, nel nostro Paese non viene applicata.
E’ però di pochi giorni fa la notizia che alla Camera è stato presentato un disegno di legge sull’“indegnità a succedere”. Si vuole rendere automatica (senza dover attendere la decisione di un giudice) l’esclusione della linea ereditaria di chi è stato condannato per l’omicidio della moglie o del marito e la sospensione del diritto di reversibilità della pensione. Inoltre si vorrebbe ridurre i tempi del risarcimento delle vittime, figli in primis. Questo disegno di legge è stato scritto da Annamaria Busia, consigliere regionale sarda e avvocato di Vanessa Mae, che aveva solo sei anni quando il padre uccise la madre. Una volta tornato in libertà l’uomo riuscì a ottenere la reversibilità della pensione, togliendo alla figlia l’unica fonte di reddito.