Domenica 20 agosto l'Ecuador è andato al voto in un clima di altissima tensione. Tredici milioni di ecuadoriani sono stati chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente e l'Assemblea nazionale (il Parlamento) in elezioni anticipate, convocate dal capo di Stato, il conservatore Guillermo Lasso, che lo sccorso maggio ha sciolto l'Assemblea per bloccare il procedimento di impeachment avanzato contro di lui. Il voto è arrivato al culmine di una campagna elettotarale attraversata dal sangue e segnata dalla violenza. Lo scorso 9 agosto l'ex giornalista d'inchiesta e candidato presidenziale Fernando Villavicencio è stato assassinato al termine di un comizio elettorale a Quito. Come reporter, Villavicencio aveva denunciato spesso i legami fra le bande dei narcotrafficanti ed esponenti del mondo politico. Aveva inoltre denunciato l'ex presidente Rafael Correa (in carica dal 2007 al 2017), condannato a otto anni per corruzione e attualmente rifugiato politico in Belgio. Alcuni giorni prima della sua uccisione, aveva dichiarato di essere stato minacciato di morte da un clan criminale. Dopo la sua morte, il suo posto è stato preso da un suo collego, Christian Zurita.
Il risultato del voto per gli ecuadoriani è stato una sorpresa: a guadagnarsi la sfida al ballottaggio, il prossimo 15 ottobre, sono stati Luisa González, la 45enne candidata "correista", candidata di Movimiento Revolución ciudadana, la coalizione di centrosinistra di Correa, e il 35enne imprenditore Daniel Noboa, figlio del multimilionario Antonio che per ben cinque volte ha provato (senza successo) ad essere eletto presidente, ed esponente dell'élite economica del Paese andino. Zurita si è attestato soltanto terzo, nonostante l'ondata di indignazione e commozione che ha attraversato il Paese dopo l'uccisione di Villavicencio. In quarta posizione si è fermato Jan Topic, il candidato imprenditore che proponeva di rafforzare la linea dura contro le bande della criminalità organizzata.
La violenza, la criminalità e l'insicurezza crescenti e sempre più allarmanti in Ecuador sono i temi che hanno dominato la campagna elettorale. Incastonato fra Colombia e Perù - i due Paesi maggiori produttori di cocaina dell'America latina e tra i primi produttori nel mondo, - con i suoi porti strategici sull'Oceano Pacifico, a causa della sua posizione geografica l'Ecuador è sempre di più ostaggio delle bande dei narcotrafficanti legate ai clan della vicina Colombia, ai cartelli della droga messicani, alle bande brasiliane a anche a gruppi della mafia albanese. I carichi di cocaina che arrivano in Europa ora non partono da Colombia e Perù, bensì dall'Ecuador, che è diventato il principale Paese esportatore di cocaina verso l'Europa (pur non essendone produttore). Dai porti sul Pacifico i carichi partono verso Nord, per raggiungere Messico e Stati Uniti. La criminalità legata al narcotraffico ha generato nel Paese un'ondata allarmante di violenza e insicurezza, per le strade e nelle carceri, con una pesante escalation di omicidi, tanto che l'Ecuador è diventato il Paese più pericoloso dell'America latina.
Ad aggravare la difficile situazione del Paese sono la povertà e la crisi occupazionale, anche a causa della pandemia: secondo i dati governativi (Istituto nazionale di statistica e censimenti), nel 2022 il tasso di disoccupazione è stato del 4,4% a livello nazionale; ma molto diffuso è il lavoro informale e in condizioni precarie: il tasso di impiego adeguato/pieno (persone che ricevono un salario uguale o superiore a quello minimo e lavorano almeno otto ore al giorno) a livello nazionale si è attestato al 34,4%, con un forte divario fra zone urbane - 42,3% - e rurali, dove ha raggiunto appena il 19,3%.
(Foto Reuters: i sostenitori della candidata progressista Luisa González)