(Foto Reuters: qui sopra, le proteste di piazza a Quito. In copertina: manifestanti all'interno della sede dell'Assemblea nazionale)
Caos, proteste e scontri violenti per le strade di Quito e di altre città, da Guayaquil a Cuenca, centinaia di arresti e stato di emergenza imposto dal Governo. Da almeno una settimana l'Ecuador è piombato in una profonda crisi, partita con lo sciopero nazionale di due giorni degli autotrasportatori, poi allargatasi alle manifestazioni di protesta di vari strati della società. All'origine delle grandi manifestazioni che hanno paralizzato il Paese sudamericano c'è il cosiddetto "paquetazo", la manovra di aggiustamenti economici e nuove misure nel campo del lavoro annunciata dal Governo del presidente Lenín Moreno.
La misura correttiva più contestata, quella che ha scatenato le proteste di strada, è la cancellazione dei sussidi al carburante, che esistevano da 40 anni (1.300 milioni di dollari all'anno) e la liberalizzazione del prezzo di diesel e benzina extra. Con il nuovo regime, così, un gallone (circa 3,8 litri) di benzina extra passa dal costo di 1,85 dollari americani a 2,30, un gallone di diesel da 1,08 a 2,27 dollari. Come compensazione all'aumento dei prezzi dei combustibili, il Governo ha dichiarato che 300mila famiglie riceveranno un sussidio ulteriore di 15 dollari al mese.
La liberalizzazione del prezzo dei combustibili è stato approvato per decreto. Il "paquetazo" prevede altre proposte (che dovranno essere approvate) fra le quali: il contributo speciale nell'arco di tre anni da imporre alle imprese che guadagnano più di 10 milioni di dollari all'anno con lo scopo, secondo il Governo, di ottenere un totale di 300 milioni di dollari da reinvestire esclusivamente nei settori della sicurezza, dell'istruzione e della sanità; il rinnovo dei contratti a tempo determinato nel settore pubblico ma con un taglio del 20% dei salari; la riduzione da 30 a 15 giorni di ferie per gli impiegati statali, uguagliandoli agli impiegati del settore privato. La manovra fissa inoltre la cancellazione dei dazi sull'importazione di beni tecnologici (computer, cellulari, tablet...) e mantiene invariata l'Iva, che resta al 12%.
Il minstro dell'Economia ha spiegato che la manovra correttiva è stata formulata sulla base dell'accordo stipulato con il Fondo monetario internazionale (Fmi), che ha concesso all'Ecuador l'accesso a un credito per più di 4 milioni di dollari in tre anni. Una gran parte del Paese, tuttavia, rifiuta nettamente la manovra, fortemente impopolare. In particolare, a essere criticata è la liberalizzazione del prezzo dei combustibili che, secondo gli oppositori, porterà a un inevitabile e consistente aumento del costo della vita, insostenibile per buona parte della popolazione del Paese. Secondo vari analisti, un effetto immediato della misura sarà l'aumento del costo dei trasporti pubblici e farne le spese saranno la classe media e il ceto più basso,i pendolari, coloro che ogni giorno viaggiavano sui mezzi pubblici per raggiungere il posto di lavoro.
La misura ha scatenato la rabbia dei trasportatori e dei tassisti, ai quali poi si sono aggiunti campesinos, studenti, sindacati e movimenti di opposizione al Governo, comunità indigene. Proprio queste ultime si sono imposte nella protesta e hanno fatto sentire con forza la loro voce: migliaia di di rappresentati delle popolazioni native, riunite nella Conaie, la Confederazione delle nazionalità indigene dell'Ecuador, hanno marciato verso la capitale e hanno occupato la sede dell'Assemblea nazionale (il Parlamento). Di fronte a questa situazione, il Governo ha deciso di spostare la sede del Governo da Quito alla città costiera di Guayaquil e, dopo aver già dichiarato lo stato di emergenza la scorsa settimana, ha deciso di imporre il coprifuoco con restrizioni alla circolazione e alla mobilità in alcune zone del Paese considerate strategiche.
La Conferenza episcopale dell'Ecuador e le Nazioni unite si sono offerte di assumere insieme la responsabilità di mediare e trovare una soluzione al conflitto sociale che sta attraversando il Paese. «Di fronte alle grandi sfide economiche e sociali che viviamo», si legge nel comunicato diffuso dai vescovi ecuadoriani, «facciamo un appello a tutti gli uomini e le donne di buona volontà alla pace, alla giustizia, al dialogo». E più avanti: «La promozione della giustizia sociale deve stare al centro di tutte le decisioni statali e private, in modo tale che tutto il popolo ecuadoriano possa avere le condizioni necessarie per vivivere con dignità. Le compensazioni sociali devono favorire i più poveri». Infine: «Il diagolo è il cammino adeguato ed efficiente perché gli ecuadoriani, specialmente i politici, gli imprenditori e i rappresentanti di corporazioni e sindacati, trovino nuove strade che ci conducano a un Paese prospero attraverso un'economia giusta e solidale».