Il testo citato è la tesi dottorale di santa Teresa Benedetta della Croce (al secolo Edith Stein), patrona d’Europa e martire del nazismo. Per una corretta comprensione e interpretazione richiede un minimo di preparazione filosofica, a meno che non si voglia banalizzarne il contenuto e intendere l’empatia, come accade nel linguaggio comune, come una buonista simpatia verso gli altri. Del resto la Stein preparò la sua tesi sotto la guida di uno dei più grandi pensatori del Novecento: Edmund Husserl. È quindi un lavoro accademico, non destinato al grande pubblico. La questione che affronta è tuttavia decisiva: come posso avvicinarmi alla coscienza altrui, di per sé inaccessibile, ovvero come posso valicare il muro dell’incomunicabilità e della solitudine, costitutiva di ogni soggetto, per stabilire un autentico dialogo con l’altro? La Stein mette in campo conoscenze di tipo fenomenologico e psicologico per mostrare come in ultima analisi si tratta di attingere allo “stato d’animo” dell’altra persona e quindi di lavorare sul proprio “stato d’animo” orientandolo verso l’altro. Se abbiamo a cuore un problema come questo e vogliamo acquisire strumenti adeguati per tentare di risolverlo, allora siamo disposti anche ad affrontare dei sacrifici e a sottoporci al lavoro, che letture non certo da spiaggia richiedono, senza scoraggiarci alle prime difficoltà o ai primi sintomi di incomprensione di termini o di passaggi ostici.
(foto in alto: Edith Stein, durante il periodo degli studi a Breslavia. Foto autore ignoto, via Wikimedia Commons)