La rivoluzione digitale e l’avvento di Internet stanno cambiando profondamente e rapidamente il mondo dell’informazione e dei mass media. Non solo nella creazione e distribuzione delle notizie ma anche nella tutela del diritto alla privacy e della persona. E la velocità dei mutamenti rende sempre più difficile e complesso definire regole adeguate.
Nel volume “Informazione: Istruzioni per l’uso. Notizie, Rete e tutela della persona”, con prefazione di Giovanni Pitruzzella, Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, il professore Ruben Razzante, professore di Diritto dell'informazione all'Università Cattolica di Milano, alla Lumsa di Roma e alla Pontificia Università Lateranense, fa il punto sui problemi aperti fornendo un quadro aggiornato delle normative, della giurisprudenza e della deontologia.
Il suo libro è solo un manuale per addetti ai lavori?
«In 150 pagine affronto i temi di più stringente attualità nell'ambito dell'informazione, in particolare quelli legati alla tutela dei diritti delle persone in Rete. Si tratta di una pubblicazione che si rivolge, pertanto, a un pubblico molto ampio di addetti ai lavori, ma anche di semplici osservatori del mondo dei media, che intendono comprendere le criticità del settore e le prospettive del giornalismo in Italia».
La copertina del volume
L'avvento di Internet e la rivoluzione tecnologica hanno cambiato e continueranno a farlo il mondo dell'informazione. Quali sono gli aspetti negativi di questa rivoluzione? E quelli positivi?
«Internet offre innumerevoli opportunità di crescita per l'informazione, ma nasconde anche insidie fortissime. Le opportunità sono legate all'aggiornamento costante delle notizie, all'interazione con gli utenti, alla velocità di trasmissione dei messaggi, alla pluralità illimitata delle fonti. Tutto questo, però, rischia di confondere buona e cattiva informazione, notizie accuratamente vagliate da giornalisti scrupolosi e attenti e notizie immesse in Rete senza le opportune verifiche. L'indicizzazione delle notizie da parte dei motori di ricerche segue, infatti, criteri puramente commerciali, che prescindono dalla qualità dell'informazione e che rischiano di mettere sullo stesso piano informazione professionale e informazione spazzatura. E questo compromette anche la credibilità della professione giornalistica, che finisce per non essere sufficientemente riconoscibile in Rete. In questo senso, c'è da auspicare che gli editori tradizionali si impegnino a valorizzare maggiormente il lavoro dei giornalisti in Rete e che i legislatori di tutti gli Stati producano norme per limitare la posizione dominante dei motori di ricerca, che indicizzano notizie prodotte da altri soggetti».
Diritto all'oblio. L'Ue vuole che Google lo applichi in tutto il mondo e non solo in Europa. Ce la farà? «La questione del diritto all'oblio è molto delicata ed è stata assai fraintesa negli ultimi mesi. Nonostante gli allarmi, spesso ingiustificati, di giornalisti e addetti ai lavori, diritto all'oblio vuol dire raramente diritto alla rimozione di link dai motori di ricerca; il più delle volte significa, invece, corretta contestualizzazione delle notizie in internet. Le notizie, cioè, devono essere aggiornate per consentire di ricostruire fedelmente le vicende storiche e la biografia di personaggi noti. Non ci devono essere falle nella ricostruzione storica, non ci devono essere censure, ma neppure ricostruzioni fuorvianti basate sul mancato aggiornamento di vicende di interesse pubblico. Nessun colpo di spugna, quindi, ma solo corretto inserimento dei fatti in Rete. In questo senso c'è da auspicare che il Regolamento europeo per la riforma della privacy venga approvato celermente e in via definitiva, visto che per ora è stato approvato solo in prima lettura, il 12 marzo scorso, dal Parlamento europeo. I colossi della Rete come Google devono assoggettarsi a norme più vincolanti in materia di oblio, ma anche di profilazione dell'utenza e di rispetto della riservatezza degli utenti che navigano in internet. È una battaglia difficile, perché i cosiddetti "over the top" muovono lobbies molto influenti, negli Usa e in Europa, e faranno di tutto per non perdere il diritto di gestire con disinvoltura i nostri dati, sfruttandoli a fini commerciali e di pubblicità».
Come valuta il disegno di legge sulla diffamazione approvato a fine ottobre dal Senato e ora atteso alla Camera?
«L'eliminazione del carcere per i giornalisti è un fatto positivo, come ha più volte sottolineato anche la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Detto questo, bisogna evitare corporativismi e riaffermare il principio sacrosanto del carattere pubblico dell'informazione. I giornalisti, in quanto mediatori tra i fatti e l'opinione pubblica, devono garantire in primo luogo un'informazione di interesse pubblico che rispetti i diritti della personalità dei protagonisti delle notizie. È giusto, quindi, punire quei giornalisti che violano gravemente la privacy delle persone solo per assecondare la curiosità morbosa di fasce minoritarie di popolazione ed è giusto sanzionare gravemente, sia sul piano disciplinare che civile e penale, quei cronisti che esercitano il diritto di cronaca e quello di critica violando il decalogo del giornalista e compromettendo la reputazione dei soggetti protagonisti delle notizie. Ci vuole equilibrio: da una parte assicurare che la rettifica delle notizie inesatte sia tempestiva ed efficace e non impedisca, nei casi più gravi, la possibilità di intentare comunque una causa per diffamazione; dall'altra, bisogna scongiurare il rischio di intimidazioni ai danni di giornalisti e quindi punire le ipotesi di querele temerarie, sporte soltanto per impedire ai cronisti di fare il proprio lavoro».
Per sopravvivere e andare avanti l'industria dell'informazione italiana come deve riorganizzarsi?
«Ci vogliono nuovi modelli di business basati sulla qualità dell'informazione. Al giornalista sono richieste competenze nuove e una solida formazione di base che solo la frequenza di master e di percorsi formativi istituzionalizzati può garantire. Gli editori devono recitare il mea culpa per aver sacrificato per troppo tempo l'informazione sull'altare di altri interessi, ma ora sono chiamati a fare fronte comune nel combattere una battaglia decisiva per la sopravvivenza delle opere dell'ingegno creativo, che è quella del rispetto del diritto d'autore da parte dei colossi della Rete. Dal ridimensionamento di tali colossi sul mercato dipende la sopravvivenza del giornalismo e la possibilità di avere un'informazione libera e professionalmente gestita. Tutti i soggetti coinvolti nella filiera di produzione e diffusione delle notizie devono fare la loro parte e impegnarsi per migliorare la qualità dell'informazione e per valorizzare con meritocrazia gli esempi di buon giornalismo. E il legislatore dovrebbe assecondare questi sforzi emanando normative di supporto».