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venerdì 23 maggio 2025
 
Editoriale Credere
 
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Donne, ovvero la Chiesa che manca all’appello

29/02/2024  Dobbiamo chiederci quanto davvero le donne contribuiscono con la loro peculiarità alla vita della Chiesa

Cari amici lettori, in felice vicinanza con la festa delle donne che ricorre l’8 marzo, abbiamo in questo numero due storie femminili, nei servizi su Antonella Ferrari e il suo sofferto desiderio di “maternità” (p. 12), e su Allegra Tonnarini, volto di una Chiesa giovane e “impegnata”. Ma sulla presenza delle donne nella Chiesa abbiamo anche una riflessione specifica: a parlare è don Armando Matteo, segretario per la sezione dottrinale del Dicastero per la dottrina della fede, uno dei più importanti organismi della Curia romana (p. 20). È autore di diversi libri, tra cui La Chiesa che manca. A “mancare” all’appello oggi nella Chiesa sono proprio le donne, soprattutto giovani. E nell’intervista ci spiega perché.

Che una figura importante del Vaticano tocchi temi legati alla “questione femminile” nella Chiesa con uno sguardo sulla realtà concreta delle comunità cristiane è davvero importante. E non scontato. Parole che spesso mancano o sono scarse nella nostra riflessione ecclesiale “di base”. Ma, per parafrasare un’espressione di papa Francesco che era riferita ai giovani, se ci mancano le donne, ci manca un pezzo dell’accesso a Dio.

La presenza femminile nella Chiesa non è però solo questione di posti e di ruoli. L’alleanza con le donne è stata forte e determinante nella vita ecclesiale del passato e non è certo secondaria in quella di oggi. Ma ancora non si è preso atto pienamente del cambiamento d’epoca, di cui parla don Matteo riprendendo un’espressione di papa Francesco, nella qualità di vita delle donne, che nella società civile ha registrato mutamenti molto profondi. Se la società è cambiata, la situazione ecclesiale non è altrettanto avanti. Quanto le donne oggi contribuiscono, con la loro peculiarità, alla vita della Chiesa? Quanto partecipano effettivamente ai vari processi ecclesiali, anche decisionali? La loro voce trova uno spazio davvero “paritario”, per esempio nelle parrocchie?

È una questione di sensibilità, di mentalità, e non solo di ruoli. A cui peraltro papa Francesco ha dato una spinta (vedi la rubrica “Decifrando”, p. 9), proprio nella direzione che il contributo femminile è importante in ogni ambito della Chiesa: che sia nel governo del Vaticano, nella scelta dei vescovi o nello sviluppo umano integrale (vedi ad esempio suor Raffaella Petrini) o nei ministeri istituiti del lettore e dell’accolito.

Non dovremmo dimenticare, in tutto questo, che a essere “immagine e somiglianza di Dio” secondo la parola biblica sono l’uomo e la donna insieme (Genesi 1,27), che Gesù – superando in questo la prassi giudaica del suo tempo – aveva anche donne discepole al suo seguito e che nelle comunità cristiane delle origini (anche quelle paoline) c’era una prassi “egualitaria” tra uomini e donne sconosciuta alle religioni antiche, che in seguito è stata oscurata per l’affermarsi del modello patriarcale dominante nella società dell’epoca.

Credo che il cristianesimo abbia nel suo dna tutto il potenziale per rispondere a questa sfida oggi. A patto di prendere coscienza di dove siamo. Forse non sarebbe male farne oggetto di riflessione anche nelle nostre comunità, almeno interrogandoci su quale modello di rapporto tra uomo e donna predomina e chiedendoci se corrisponda alle sollecitazioni del Vangelo e del nostro tempo.

(Foto Vatican Media)

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