Cari amici lettori, si celebra il 18 novembre la 1a Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi. L’iniziativa è stata promossa dalla Chiesa italiana in corrispondenza della Giornata europea per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale istituita dal Consiglio europeo. E corrisponde anche allo spirito della Lettera al popolo di Dio di papa Francesco (del 20 agosto 2018), che invitava tutto il popolo di Dio «all’esercizio penitenziale della preghiera e del digiuno secondo il comando del Signore» (Matteo 17,21). È sotto gli occhi dell’opinione pubblica mondiale la gravità dello scandalo degli abusi nella Chiesa: ultimo caso, veramente scioccante per l’estensione, è quello della Chiesa francese, con un numero impressionante di vittime di abusi in un arco di 70 anni (330 mila). Della lettera del Papa vorrei qui ricordare un aspetto, espresso nella frase di apertura che cita san Paolo: «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme» (1Corinzi 12,26). Questo passaggio ci ricorda che gli abusi non sono solo un crimine di alcuni individui nella Chiesa, che riguarderebbe solo loro, ma uno scandalo dagli effetti “sociali” che tocca tutti. Questo crimine, ci ricorda il Santo Padre, genera ferite anzitutto nelle vittime di abuso e nelle loro famiglie ma anche nell’intera comunità, sia dei credenti che dei non credenti. Per chi crede può diventare una “prova” per la propria fede e motivo di “scandalo”, che mette in crisi la credibilità della Chiesa, per i silenzi, le mancate denunce, il mancato ascolto delle vittime. Per chi non crede diventa un argomento di critica in più contro la Chiesa. Il male perpetrato da pochi si riversa su molti. Per questo abbiamo bisogno di preghiera. Preghiera per uscire da un atteggiamento del tipo “questo non mi riguarda”: si tratta invece, secondo le parole ancora di san Paolo citate dal Papa, di imparare a «soffrire con chi soffre». La preghiera manifesta così la solidarietà del corpo ecclesiale, insegna a mettersi dalla parte delle vittime e ad attingere al Vangelo perché «si elaborino azioni che producano dinamismi in sintonia con il Vangelo». La preghiera non deve “coprire” ma aprirci gli occhi, aiutandoci a vedere e a intervenire là dove è necessario, a ogni livello, per prevenire gli abusi e per prendersi cura di chi è stato abusato. Sono tanti i soggetti per cui pregare: anzitutto per le vittime, per le loro famiglie; per chi ha responsabilità nella Chiesa; per i credenti scossi dallo scandalo e che si “raffreddano” nei confronti della Chiesa; per i non credenti. E non da ultimo, c’è da pregare perché si prenda coscienza della vera radice degli abusi, che sono il clericalismo e l’abuso di autorità. «La dimensione penitenziale di digiuno e preghiera», ci ricorda papa Francesco, «ci aiuterà come popolo di Dio a metterci davanti al Signore e ai nostri fratelli feriti, come peccatori che implorano il perdono e la grazia della vergogna e della conversione, e così a elaborare azioni che producano dinamismi in sintonia col Vangelo». Ci auguriamo che sia uno dei passi che porti la Chiesa italiana a cercare il bene, la giustizia, la verità.