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lunedì 14 ottobre 2024
 
L'Editoriale di Credere
 
Credere

Amore e cura, vie alternative all'abbandono e alla morte

21/10/2021  Due recenti interventi del cardinale Bassetti e di papa Francesco in tema di fine vita e aborto ci invitano a testimoniare con limpidezza il Dio della vita con la cura e la vicinanza, soprattutto di chi è fragile.

Cari amici lettori, si è chiusa lo scorso 30 settembre la raccolta di firme per il referendum sull’eutanasia. Oltre un milione quelle depositate. Non so quale sarà l’esito dell’eventuale referendum, ma su questi temi il contatto quotidiano prolungato – su tv, sui giornali, radio, internet, i social – con le opinioni più svariate, spesso ideologiche, che bollano i credenti di posizioni oscurantiste o bigotte, ha un influsso che – goccia a goccia – rischia di far affievolire le convinzioni di chi si dice credente. Certamente ci sono situazioni spinose e a volte umanamente ardue. Ma vale il richiamo di Gesù: «Voi siete nel mondo, ma non del mondo». È un servizio allora quello che ci rende il presidente della Cei, il cardinale Bassetti, che in un’intervista a Famiglia cristiana ha dato voce con chiarezza – e con rispetto – alla posizione della Chiesa sull’eutanasia: «Ci sono temi che non possono essere risolti a colpi di maggioranza o minoranza politica, né tantomeno essere affrontate in modo ideologico». La vita, meglio la persona, sono valori supremi, sempre e comunque, anche nelle situazioni più difficili e sofferte. Quello che può fare la differenza, ha sottolineato Bassetti, è «la prospettiva coraggiosa della solidarietà: aiutare, sostenere e accompagnare chi vive situazioni esistenzialmente impegnative». Similmente, papa Francesco – in tema di aborto questa volta, rivolgendosi alla Società italiana di farmacia ospedaliera lo scorso 14 ottobre – ha parlato del dovere della vicinanza, «il dovere positivo nostro: stare vicino alle situazioni, specialmente alle donne, perché non si arrivi a pensare alla soluzione abortiva, perché in realtà non è la soluzione». Il fine dei farmacisti, ha ricordato il Pontefice, è «sempre la vita del paziente nella sua integralità». Parole chiare e limpide di cui abbiamo bisogno per ricordarci che crediamo nel Dio della vita e che come cristiani abbiamo il dovere di testimoniare questa cura della vita, soprattutto di chi è più fragile. Ricordo qui due testimonianze di amore alla vita. Una signora mi raccontava di aver accudito personalmente il marito negli anni di una lunga malattia degenerativa: mi ha commosso sentire in dettaglio come si occupava di ogni sua necessità. Ecco la vicinanza, la cura, l’amore fattivo che fa la differenza. E poi Anna, un’amica infermiera da poco in pensione, che da anni ogni domenica porta a Messa una giovane gravemente disabile e cerebrolesa, in sedia a rotelle, priva di parola e movimenti autonomi. Oltre a renderle un piccolo ma amorevole servizio, con una capacità meravigliosa di esprimere gesti di tenerezza e affetto, aiuta così la famiglia della ragazza ad avere un po’ di “respiro”. Insomma, a colmare il gap di situazioni spesso umanamente impossibili è un cuore mosso dall’amore, che sa parlare alla sofferenza e mostrare che ci sono vie alternative a quelle di abbandono e di “morte”.

 
 
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