Cari amici lettori, si chiude un anno, gravato da tanti problemi, e se ne apre uno nuovo, su cui si stendono ombre incerte. I problemi che ci stanno sotto gli occhi e ci inquietano li conosciamo: in primis la pandemia, che da quasi due anni domina il nostro quotidiano, con gli enormi risvolti che ha nella vita sociale, lavorativa, educativa e anche ecclesiale. Ma anche l’emergenza climatica; l’emergenza educativa e scolastica; lo scombussolamento patito da tanti lavoratori, a causa della pandemia; la crisi dell’Afghanistan ripreso dai talebani… e l’elenco potrebbe continuare ovviamente. Alcune di queste sfide sono oggetto di riflessione nel Messaggio di papa Francesco per la giornata della pace. Siamo abbastanza realisti da sapere che non sarà il semplice passaggio dal 31 dicembre al 1° gennaio a farci “voltare pagina”. In tutto questo stiamo sperimentando un’erosione della speranza, le nostre anime sono invase da una tenebra e da sfiducia e rassegnazione tanto striscianti quanto pervasive. Abbiamo la sensazione di non avere più punti di appoggio nel presente, siamo scettici verso il futuro. La pace, interiore ed esteriore, ci sembra un pio miraggio. «Eppure», ci dice una voce sommessa… Nel messaggio dell’anno scorso alla Curia romana, papa Francesco rifletteva sul significato della crisi, «un fenomeno che investe tutti e tutto… che causa sempre un senso di trepidazione, angoscia, squilibrio e incertezza nelle scelte da fare». E, a sorpresa, indicava una serie di persone della Bibbia come “personaggi in crisi” «che però proprio attraverso di essa compiono la storia della salvezza». Abramo, Mosè, Elia, Giovanni Battista, Paolo di Tarso… persino Gesù. E concludeva con parole che paiono scritte per noi oggi: «Chi non guarda la crisi alla luce del Vangelo, si limita a fare l’autopsia di un cadavere: guarda la crisi, ma senza la speranza del Vangelo, senza la luce del Vangelo». Il primo barlume di Vangelo, ricordiamolo, è proprio il Natale che abbiamo appena celebrato, che ci parla di un Dio che ha voluto entrare nella nostra vicenda umana, non di passaggio, ma per rimanere con noi, l’Emmanuele, il Dio-con-noi, che ha vissuto tutta la nostra precarietà e fragilità umana e che è con noi in tutte le nostre vicende, «fino alla fine del mondo». Il Pontefice poi incoraggiava: «Ma se troviamo di nuovo il coraggio e l’umiltà di dire ad alta voce che il tempo della crisi è un tempo dello Spirito, allora, anche davanti all’esperienza del buio, della debolezza, della fragilità, delle contraddizioni, dello smarrimento, non ci sentiremo più schiacciati, ma conserveremo costantemente un’intima fiducia che le cose stanno per assumere una nuova forma, scaturita esclusivamente dall’esperienza di una Grazia nascosta nel buio». Una Grazia nascosta nel buio: un’espressione illuminata per dire la nostra attuale esperienza spirituale. Il Natale ci parla di nascita, che è anche la nostra rinascita. Lo ricordava ancora papa Francesco in quell’occasione, citando la filosofa Hannah Arendt: «Il Natale di Gesù di Nazaret è il mistero di una nascita che ci ricorda che “gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire, ma per rincominciare”». Una vera sfida a cogliere il nuovo che sta nascendo nel buio. Buon anno nuovo a tutti voi, cari amici lettori.
(Foto Ansa)