Per come si è messa la situazione, in Egitto è ormai tutto possibile: un accordo in extremis tra le forze politiche, le dimissioni del presidente Morsi (insediatosi appena un anno fa, il 30 giugno), l’ennesimo golpe dei militari, una guerra civile. Quello che di sicuro non è possibile è richiudere quel vaso di Pandora chiamato Primavera araba. I Fratelli Musulmani restano una forza più che rispettabile, ma la parte (crescente) del popolo egiziano che chiede libertà, democrazia, progresso e benessere non può più essere contenuta, né può essere tenuta a bada con il semplice, ossessivo richiamo alla fedeltà a un islam che, nella versione monolitica e integralista proposta dalla Fratellanza, si dimostra semplicemente impari alle sfide e alle richieste di un Paese insieme tradizionalista e moderno come l’Egitto.
Lo dimostrano anche le prese di posizione degli ultimi giorni. Morsi ripete di essere l’unico Presidente legittimo, dimentico forse di aver ripetutamente ignorato le legittime decisioni della Corte Costituzionale e del Parlamento. Mentre il suo Governo cade a pezzi (sei ministri già dimissionari e altri quattro, tra i quali quello del Petrolio, sull’orlo delle dimissioni), i militanti della Fratellanza propongono come unica soluzione la scelta del martirio. Le piazze intanto si colmano di giovani (l’età media degli egiziani è inferiore ai 25 anni) che chiedono istruzione, lavoro, la fine della corruzione, un po’ di futuro. Sarà retorico dirlo ma sembra una lotta tra un pessimismo mortale e la voglia di vivere.
Una cosa va detta chiaramente: un eventuale intervento dei militari, che come in passato hanno finito per allearsi a chi scende in piazza, non risolverebbe la situazione. Anzi: sono proprio loro uno dei problemi dell’Egitto. Sono loro ad aver dominato per decenni la politica, ad aver imposto i leader del Paese (a partire dal colpo di Stato dei Liberi Ufficiali del 1952, che portò al potere il generale Nasser), a controllare l’economia e a distorcerla, fuori da ogni logica di mercato, per i propri interessi.
Restano però, proprio per questo, la forza decisiva. Quando il ministro della Difesa ha annunciato l’intervento dell’esercito, la Borsa del Cairo ha guadagnato 5 punti percentuali in pochissime ore. Una sola cosa è certa: l’era Morsi è finita quasi prima di cominciare. E con lui, proprio nel Paese che nel 1928 vide nascere i Fratelli Musulmani per opera di Hasan al Banna, pare declinare anche nel mondo arabo l’idea di poter fare a meno di una sana distinzione tra l’ambito della religione e dello spirito e quello della politica e dell’economia.