«L’attentato terroristico di venerdì scorso alla moschea egiziana al Rawda di Bir al Abed potrebbe essere una dimostrazione, anzitutto, che il mondo musulmano è frammentato e che questi siano dei "colpi di coda" dell'Isis, ormai quasi sconfitto in Siria e in Iraq». A quattro giorno dall’assalto alla moschea sufi nel nord della penisola del Sinai che ha provocato la morte di 305 persone, il nunzio apostolico in Egitto, monsignor Bruno Musarò, analizza quello che è il piùà grave attentato nella storia recente del Paese. Domenica scorsa all’Angelus papa Francesco ha ricordato le vittime, sottolineando che erano «persone che stavano pregando» e auspicando che Dio «ci liberi da queste tragedie e sostenga gli sforzi di tutti coloro che operano per la pace». La chiesa copta egiziana ha suonato le campane a lutto per ricordare i musulmani uccisi nella moschea.

Eccellenza, cosa significa la condanna dell'attentato alla moschea di al Rawdah da parte all’Università islamica di al-Azhar?

«Al-Azhar non poteva non condannare il terribile attentato alla moschea "El-Roda" di El-Ariche nel Nord del Sinai. Il Grande Imam lo ha fatto nei termini più forti sottolineando che, dopo gli attacchi alle chiese, è la volta delle moschee. Per lui il problema consiste nel sapere chi sono quelli che finanziano i terroristi. Il Muftì dell'Egitto ha rilevato, da parte sua, che gli autori dell'attentato hanno dimostrato di essere totalmente lontani dal vero Islam».

Perché i terroristi hanno colpito una moschea sufi, che appartiene alla corrente mistica dell'Islam? «Potrebbe essere una dimostrazione, anzitutto, che il mondo musulmano è frammentato. I terroristi avrebbero voluto espressamente combattere la corrente del sufismo. I "sufiti" sono considerati degli "innovatori" nell'interpretazione del Corano. Sembra poi che sia stata colpita quella moschea anche a causa della presenza di militari che erano lì a pregare. Non si esclude, infine, che siano dei "colpi di coda" dell'Isis, ormai quasi sconfitto in Siria e in Iraq».

Cosa possono fare i leader religiosi egiziani dopo questo attentato, l'ennesimo nella zona del Nord del Sinai dove di recente sono stati anche trucidati alcuni cristiani copti?

«Devono essere sempre unanimi, come hanno fatto anche questa volta, nel combattere il terrorismo da qualunque parte esso venga».

Il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi ha annunciato di voler “vendicare i martiri”. Teme una nuova serie di attacchi da parte dell'esercito egiziano nei confronti dei terroristi di Daesh in quella zona?

«Sembra che l'esercito egiziano, non appena si è diffusa la notizia, abbia bombardato immediatamente alcune cellule dell'Isis ancora presenti nella zona Nord della Penisola del Sinai e che danno molto filo da torcere al Governo egiziano».

Dopo l'attentato ha avuto modo di sentire papa Francesco?

«Il Pontefice ha inviato subito un messaggio di cordoglio a queste Autorità e che ho subito trasmesso».