Se in tutti i programmi che si occupano di calcio ci fosse come opinionista lei, Elena Tambini, 29 anni, ex arbitro e ora giornalista di Tgcom24, il tasso di polemica e rissosità di certi dibattiti scenderebbe (quasi) a zero. «Ci tengo molto a spiegare le regole», giura. Lo si è visto a Balalaika, il programma di Canale 5 che per un mese ha commentato le partite dei Mondiali di Russia.
Era molto rigorosa nei suoi interventi.
«Una sera abbiamo parlato di una circolare che spiega perché un fallo, commesso in area di rigore per impedire una chiara occasione da rete, sia punibile con il cartellino giallo e non più con il rosso. È una regola in vigore da due anni, ma tante persone non la conoscevano. Se la conoscessero, forse sarebbero meno polemici nei confronti degli arbitri».
Non vale solo per lo sport.
«Sì, penso alle dichiarazioni del presidente dell’Inps Tito Boeri sull’immigrazione».
Che Mondiale è stato quello russo?
«Delle sorprese e dell’imprevedibilità con grandi rivelazioni e molti flop: l’uscita di Germania, Portogallo e Argentina, l’emergere di squadre come la Svezia che ci ha buttato fuori. Tutto sommato questo Mondiale ha fatto del bene a noi italiani».
Prego?
«Ci ha permesso di scoprire un modo diverso di seguire il calcio, un po’ più libero da critiche e polemiche, perché quando non è coinvolta la tua Nazionale, i toni sono diversi, più stemperati, e questo ti può aiutare ad apprezzare il calcio».
Per chi ha tifato?
«Gli arbitri non tifano».
Ma se si è dimessa nel 2015…
«Sì, ma l’arbitro, anche quando diventa ex, non tifa, simpatizza».
Per chi ha simpatizzato?
«Per le squadre europee, in un periodo storico in cui il continente è in difficoltà e attraversato da divisioni profonde. Ho seguito la Francia che a noi italiani non è molto simpatica, però fra vicini di casa bisogna riscoprire un po’ di solidarietà. E quale occasione migliore dello sport?».
Come è finita a diventare arbitro di calcio?
«Per caso. Al liceo classico di Como mi proposero di iscrivermi a un corso di arbitraggio e accettai subito, anche perché sono una grande appassionata di sport. Ho arbitrato per nove anni, dal 2006 al 2015, in campionati interregionali maschili e campionati femminili».
Dura vita...
«È un’attività che richiede grande sacrificio e una tempra caratteriale molto forte, con il tempo mi ha appassionata sempre di più».
Ma nei confronti di una donna non c’è una sorta di pregiudizio?
«Scetticismo, direi. Che però sparisce quando i giocatori in campo si accorgono che sei una persona competente e con personalità».
Era un arbitro severo?
«In tutta la mia carriera ho espulso con un rosso diretto solo un calciatore per insulti. Era uno spareggio per la retrocessione».
Non si è mai trovata in situazioni difficili?
«Fortunatamente no, mi è sempre andata bene. Certo, i campi di eccellenza in Calabria, Sicilia e Sardegna sono molto caldi».
Spesso le donne che parlano di calcio in Tv non sono proprio competenti...
«Prevale l’immagine, sì. Però la tendenza negli ultimi anni è comunque far condurre programmi sportivi a donne che abbiano una certa competenza. Anche perché il pubblico calcistico, che noi classifichiamo come prevalentemente maschile e che ama vedere donne di bella presenza, ne sa molto di più dei giornalisti e ha esigenze precise».