Dopo tanti anni, il primo giorno di scuola mi emoziona ancora: ogni volta ricomincio con quattordicenni che hanno l’attesa di futuro negli occhi e poi li vedo crescere…sono molto fortunata, il mio è un mestiere meraviglioso». Elena Ugolini, classe 1959, riminese di nascita e bolognese di adozione, sposata e madre di quattro figli, dal 1993 è preside del liceo Malpighi di Bologna, una scuola parificata che nel tempo è cresciuta in maniera esponenziale tanto che oggi, con le “succursali”, conta circa 1.300 studenti e 130 insegnanti, con sezioni dalla materna al liceo.
«L’educazione è la mia passione», spiega. Laureata in Storia e filosofia con il massimo dei voti, ha cominciato a insegnare giovanissima, poi il cardinale Biffi l’ha chiamata a dirigere il Malpighi, una fondazione della diocesi. Fino alla nascita della terza figlia ha continuato a insegnare le sue materie, poi ha dovuto rinunciare al doppio incarico. «Mi è costato molto, mi ha aiutata un sacerdote molto importante nella mia formazione, don Giorgio Pontiggia. Mi ha detto: “Invece di avere tre classi, avrai tutte le classi”. Ed è stato così. Anzi, quando sono diventata sottosegretario del ministro dell’Istruzione Francesco Profumo (durante il Governo Monti, fra il 2011 e il 2013, ndr), ho sentito la responsabilità di tutte le classi della scuola italiana».
IL FUTURO DELLA SCUOLA
L’esperienza “ministeriale” della professoressa Ugolini, oggi nel Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, comincia con il ministro Berlinguer, che la chiama a collaborare alla “commissione di saggi”. Nel 2000 Letizia Moratti la nomina nel gruppo per costruire il sistema di valutazione della scuola italiana ed entra a far parte dell’Invalsi, prosegue la collaborazione con il ministro Fioroni, poi l’esperienza come sottosegretario e l’incarico di consulente con i ministri Giannini e Fedeli. «Un curriculum da cancellare, considerando la situazione attuale…». Ride di gusto, autoironica, poi torna seria. «Devo dire con onestà che ce l’ho davvero messa tutta, per migliorare le condizioni della scuola italiana».
Impossibile non chiederle di quale riforma oggi ci sarebbe urgentemente bisogno. «Prima di rispondere devo raccontare di Tullia», premette. Tullia, oggi medico ortopedico, è stata una sua allieva, al liceo. Un giorno le chiede un incontro urgente e le “spara” una di quelle domande che in genere lasciano sconcertati noi adulti. «Prof, io ho fatto i conti precisi. Ogni anno passo sui banchi mille ore che, aggiunte alle due e mezzo giornaliere di studio, fanno 1.374 ore dedicate alla scuola. Una cosa enorme, migliaia e migliaia, dall’asilo alla quinta superiore. Per questo devo sapere se queste sono ore di vita oppure ore in cui sto perdendo la mia vita».
DON GIUSSANI, IL SUO MAESTRO
Una domanda del genere non merita una risposta banale e difatti quella della prof-dirigente non lo è stata. «Le ho spiegato che scuola viene da skolè, che in greco significa tempo libero, perché un tempo potersi dedicare allo studio era un privilegio di pochi. Tullia ha capito, ma perché la scuola sia davvero un privilegio per i nostri ragazzi bisogna che quelle mille e più ore siano piene di senso, perché lo scopo della scuola è la scoperta del significato della nostra vita e del reale».
Il riferimento è a un orizzonte pedagogico molto preciso che le deriva dal suo maestro, don Giussani. «Mi ha insegnato la chiave di accesso a tutto, al compagno di banco e a Platone, all’idraulico e ai ministri che ho incontrato, ossia la certezza che nel cuore di ognuno ci sia la stessa esigenza di vero, di bello e di buono. È proprio questo desiderio che gli insegnanti devono intercettare nei nostri ragazzi, per capire e crescere insieme a loro. Non credo ci sia riforma migliore». Ugolini da sempre è legata a Comunione e liberazione, ma rifiuta l’etichetta di ciellina per la sua scuola. «Da noi sono iscritti anche ragazzi di altre religioni o atei. Tutti fanno religione perché le famiglie sanno che la nostra è una scuola di ispirazione cattolica e perché non è possibile vivere nel nostro Paese senza conoscere il cristianesimo. Non sarebbe possibile nemmeno leggere Dante».
LA SCELTA DELLA PARIFICATA
Il tema della scuola parificata è un capitolo che le sta a cuore. «Avrei potuto passare alle scuole statali, ma ho fatto una scelta. È stato il cardinale Biffi a farmi capire la bellezza di costruire un progetto educativo condiviso da tutto il corpo insegnante. Del resto non ho mai concepito la scuola privata come un recinto ma come un laboratorio di idee. Prima del 2000 abbiamo messo in pratica l’alternanza scuola lavoro, dal 2000 reso obbligatoria le certificazioni esterne delle competenze linguistiche».
Le novità che la aspettano sono tante. A partire dalla sede storica di via Sant’Isaia dove, accanto alle sezioni tradizionali del liceo linguistico, scientifico e delle scienze applicate, parte una sezione di linguistico quadriennale. «Abbiamo avuto 30 richieste, attraverso colloqui individuali abbiamo selezionato 18 ragazzi. La formula quadriennale richiede più lavoro e più impegno, ma credo si possa applicare a qualunque indirizzo purché ci sia un giusto orientamento, purché la preparazione della scuola media sia stata all’altezza e a patto di avere un corpo insegnante preparato e motivato». Anche la scuola media raddoppia, con l’apertura di due sezioni con campus a Villa Revedin, nell’ala est del seminario arcivescovile, «ma abbiamo già le preiscrizioni per altre tre sezioni per il prossimo anno», così come vanno molto bene le sedi di Castel San Pietro e quella di Cento. «E pensare che, quando ho cominciato, avevamo quattro iscritti alla prima liceo scientifico e nove al liceo linguistico».
Una scuola che tiene bene nonostante la crisi. «Purtroppo la legge sulla parità del ministro Berlinguer non è stata applicata, per fortuna io ho le spalle larghe e da anni, grazie alla generosità di privati e oggi dell’arcivescovo Zuppi, che ha destinato al diritto allo studio una parte dei dividendi della Faac (la multinazionale ereditata dalla diocesi, ndr), il 21% dei miei studenti può usufruire di una borsa di studio».
LA SFIDA DEL BULLISMO
Quanto agli episodi di bullismo che si sono registrati l’anno passato nella scuola italiana la preside ha le idee chiare. «Purtroppo viviamo in una società sempre più ignorante e volgare, dove vince chi urla più forte. I social hanno potenziato la violenza e le famiglie sono deboli ma tendono a giustificare sempre e comunque i figli. Io ai “miei” genitori ripeto: “Voi non riuscite a gestire un figlio, pensate che un insegnante ne deve gestire in media 75…”. Detto questo, con le famiglie bisogna creare un rapporto, il muro contro muro non serve e, ancora una volta, l’autorevolezza del corpo insegnante è fondamentale. Mi ritrovo pienamente nelle parole pronunciate da papa Francesco nel suo incontro con la scuola. Il cuore della scuola è il rapporto tra alunni e insegnanti, ma non è un vero maestro chi non è in ricerca».
AL MINISTERO. TANTI ANNI AL SERVIZIO DELLA SCUOLA ITALIANA
Oltre ad avere una lunga esperienza come insegnante e preside, da molti anni Elena Ugolini mette le sue competenze a disposizione di tutta la scuola italiana. La sua esperienza ministeriale è cominciata nel 1998 con il ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer, che la chiamò a collaborare alla Commissione di saggi. Nel 2000 Letizia Moratti la nominò poi nel gruppo per costruire il sistema di valutazione della scuola italiana Invalsi. La collaborazione è proseguita ancora dal 2006 al 2008 con il ministro Giuseppe Fioroni, per poi evolversi nel ruolo di sottosegretario del ministro dell’Istruzione con Francesco Profumo (2011-2013) e di consulente durante i ministeri Giannini (2014-2016) e Fedeli (2016-2018). Oggi Ugolini è membro del Consiglio superiore della Pubblica istruzione.
Foto di Ugo Zamborlini