Cellulari, elettrodomestici, sistemi
di allarme, antenne,
elettrodotti: da circa un ventennio,
la comunità scientifica internazionale si interroga sugli effetti
delle onde elettromagnetiche sulla
nostra salute. Ma cosa si intende davvero
per elettrosmog? «Nell’ambiente,
esiste un fondo elettromagnetico naturale,
generato per esempio dal campo
magnetico terrestre, dalla radiazione
solare o dai fenomeni atmosferici dovuti
alla scarica dei fulmini», spiega il
dottor Paolo Bevitori, studioso e autore
di pubblicazioni tecniche e divulgative
sull’argomento. «Negli ultimi decenni,
alle fonti naturali si sono sommate quelle di origine antropica, dando luogo
al cosiddetto inquinamento elettromagnetico
».
A grandi linee, i campi
elettromagnetici artificiali si possono
suddividere in due categorie: quelli a
bassa frequenza (le cui sorgenti più comuni
sono linee elettriche, impianti di
trasformazione, elettrodomestici, apparecchi
elettrici) e quelli ad alta frequenza
(radar, impianti radiotelevisivi,
stazioni radio base per la telefonia
mobile, cellulari, telefoni cordless, reti
Wi-fi ). «La frequenza, che si misura
in cicli al secondo o Hertz, rappresenta
il numero delle oscillazioni compiute
dall’onda in un secondo e costituisce,
insieme a intensità e durata, una delle
variabili da cui dipendono gli eventuali
effetti sull’uomo».
Innocui o dannosi?
«I campi a bassa frequenza, che si formano
ad esempio in corrispondenza
di linee o apparecchiature elettriche
comunemente presenti in casa o negli
ambienti di lavoro, provocano un flusso
di corrente nel corpo che, se molto
intenso, può determinare effetti acuti e
stimolare direttamente le terminazioni
nervose», spiega il dottor Bevitori. L’esposizione
prolungata nel tempo anche
a bassi livelli di questo campo magnetico
(come avviene, ad esempio, per
chi risiede nelle vicinanze di un grande
elettrodotto o sopra una cabina di trasformazione)
potrebbe comportare un
aumento del rischio di sviluppare alcune
patologie, prime fra tutte quelle tumorali.
In realtà, gli studi epidemiologici
condotti fino a oggi hanno prodotto
una mole di dati contrastanti, dai quali
sembra emergere un’unica ipotesi
con qualche fondamento: quella relativa
all’aumento del rischio di leucemia
infantile, seppure non sia ancora stato
scientificamente dimostrato un rapporto
causa-effetto. «Per quanto riguarda
i campi elettromagnetici ad altafrequenza, che penetrano per una
breve profondità dentro il corpo provocando
un riscaldamento dei tessuti,
la letteratura scientifica attualmente
disponibile non fornisce nessuna
evidenza di rischio per la salute». Detto
ciò, nel maggio 2011 il gruppo di lavoro
della Iarc (Agenzia internazionale
per la ricerca sul cancro) ha collocato i
campi elettromagnetici ad alta frequenza
(compresi quelli emessi dai telefoni
cellulari) tra gli “agenti possibilmente
cancerogeni per l’uomo”.
In attesa dei
risultati definitivi, vale la pena applicare
il principio di precauzione suggerito
dall’Unione europea, che consiste nel
ridurre il più possibile l’esposizione alle
onde elettromagnetiche, soprattutto
per i bambini e le donne in gravidanza.
Senza fili, ovunque
Tra i capitoli più controversi c’è il Wifi
(Wireless fidelity), cioè la tecnologia
senza fili che consente a computer, cellulari,
antifurti, sistemi di videosorveglianza
e altri dispositivi di “comunicare”
tra loro senza l’utilizzo di cavi.
Nessuno riesce a starne alla larga, vista
la sempre maggiore diffusione nei
luoghi pubblici (scuole, uffici, treni, biblioteche,
ospedali, alberghi) e nei nostri
palazzi, dove sicuramente almeno
un vicino di casa si collega a Internet
senza fili. «Il Wi-fi utilizza sistemi ad alta
frequenza, a partire da 2.4 GHz, e a
bassa potenza, da 1 milliwatt a 100 milliwatt,
installati in aree dove è possibile
la presenza di persone anche in prossimità
degli apparati trasmittenti».
In genere,
però, il campo elettrico assume
valori superiori a 6 volt su metro (il limite
massimo ammesso dalla legge italiana
per i luoghi dove le persone possono
sostare per almeno quattro ore
al giorno) solo entro pochi centimetri
dall’apparecchio, mentre a distanze
superiori a due metri il campo elettrico
si riduce a valori molto bassi.
Sospiro di sollievo anche per le antenne
televisive e paraboliche installate
sui nostri tetti, che non emettono
campi elettromagnetici propri in quanto
hanno esclusivamente una funzione
ricevente, ovvero captano i segnali
presenti nell’ambiente e provenienti
rispettivamente da un ripetitore televisivo terrestre o da un satellite per diffusione
Tv.
E che cosa dire delle temute antenne
per la telefonia mobile che spuntano
sui tetti dei nostri condomini? «La maggiore
altezza rispetto agli edifici circostanti,
l’effetto schermante dei muri, la diminuzione
del campo con la distanza e l’utilizzo
di trasmettitori a bassa potenza sono alcuni
dei fattori che concorrono a limitare i rischi:
salvo casi particolari, i livelli di esposizione
sono generalmente al di sotto dei
6 volt su metro previsti dalla normativa»
Ecco chi vigila
Quando sono frequenti disturbi come cefalea,
insonnia e affaticamento oppure
semplicemente si desidera conoscere il livello
di esposizione all’elettrosmog della
propria abitazione, si possono richiedere
apposite misurazioni tecniche. «Questi
controlli sono affidati alle Arpa, ovvero
alle Agenzie regionali per la protezione
dell’ambiente: ci si può rivolgere direttamente
alla sezione competente a livello
territoriale, oppure richiedere queste verifiche mediante un esposto scritto al proprio
Comune di appartenenza, che provvederà
ad attivare l’Arpa».